Cuneo – La tecnologia blockchain si basa su un registro digitale aperto e distribuito delle transazioni, una sorta di “libro mastro” digitale, basato sul consenso tra i partecipanti alla rete.
Il suo nome, che significa “catena di blocchi”, deriva dalla sua struttura in cui i singoli record (i “blocchi”) sono collegati tra loro in un unico elenco (“catena”). I partecipanti alla rete possono verificare qualunque transazione e recuperarne la storia ma non cancellarla o modificarla.
L’impiego della blockchain nel mondo agricolo e agroalimentare è utile a creare maggiore trasparenza e fiducia tra gli attori della filiera di approvvigionamento, può fornire trasparenza e tracciabilità delle transazioni e dei dati, potrebbe anche permettere di ridurre lo spreco alimentare (si pensi che ogni anno circa un terzo del cibo generato a livello globale viene sprecato), stimando e gestendo l’effettiva offerta e la domanda di prodotti alimentari. La blockchain potrebbe essere uno strumento particolarmente utile per i governi e, soprattutto, per il settore del commercio al dettaglio, quando si tratta di norme di sicurezza alimentare. La tracciabilità dei prodotti dalla fattoria alla tavola, la provenienza (tracciando il luogo di origine, gli ingredienti e la qualità), la trasparenza e la fiducia sono immediatamente posti in primo piano nelle agende politiche. Numerose aziende hanno implementato questa tecnologia come strumento per consentire che i consumatori si fidino di cosa comprano e portano in tavola.
Oggi è la tecnologia più impiegata nelle soluzioni digitali innovative a supporto della tracciabilità alimentare e caratterizza il 43% delle soluzioni disponibili. In termini di progetti operativi, la “catena di blocchi” nell’agrifood si posiziona terzo settore assoluto, dopo la finanza e la pubblica amministrazione. Non solo: il nostro Paese guida la sperimentazione della blockchain nell’agrifood con l’11% dei progetti internazionali.