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Giovedì 21 novembre 2024

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Contraffazione e “Italian sounding” il falso italiano vale 100 miliardi

Quasi tutti i settori alimentari coinvolti in pratiche scorrette, da nomi italiani come marchio evocativo alla trasformazione in Italia di materie prime estere

La Guida - Contraffazione e “Italian sounding” il falso italiano vale 100 miliardi

Cuneo – I danni della contraffazione propriamente detta riguarda illeciti relativi alla violazione del marchio registrato, delle denominazioni di origine (Dop, Doc, Docg, Igp ecc.), del logo, del design, del copyright, fino ad arrivare alla contraffazione del prodotto stesso, con implicazioni di carattere produttivo e igienico sanitario, talvolta molto gravi. In questi casi la falsa indicazione del Made in Italy, relativa a prodotti realizzati all’estero, si basa sull’abuso di indicazioni di marchi di qualità, fino all’uso addirittura di ingredienti nocivi per la salute, alla pratica di procedure di produzione e di conservazione non idonee, oltre alla totale assenza di tracciabilità). In questo caso la contraffazione può essere legalmente impugnabile e sanzionabile, ma non si può dire lo stesso per alcuni prodotti di Italian sounding che sfruttano espedienti per indurre il consumatore all’errore, giocando sull’equivoco che possono generare parole, immagini, combinazioni cromatiche (il tricolore), riferimenti geografici, marchi evocativi dell’Italia per promuovere e commercializzare prodotti che in realtà non sono Made in Italy.
La locuzione “Italian sounding” ha iniziato ad avere una certa diffusione mediatica in occasione di Expo 2015, quando Federalimentare in merito al problema delle contraffazioni ha chiesto al Governo italiano la costituzione di un “Osservatorio permanente sull’Italian Sounding”.
Nel mondo, il valore del falso Made in Italy agroalimentare è salito ad oltre 100 miliardi di euro con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio (dato del 2019). Negli ultimi tempi, soprattutto negli ultimi tre anni, si è diffusa una forma ancora più raffinata di Italian sounding, ingannevole nei fatti ma purtroppo legale.  La pratica di acquistare all’estero le materie prime per alimenti poi trasformati e lavorati in Italia e venduti come Made in Italy si è evoluta nella tendenza a rilevare note aziende agroalimentari italiane: il nome non soltanto suona italiano, ma viene unanimemente associato all’azienda che dal momento della sua nascita, per anni, ha messo sul mercato il prodotto.
Quasi tutti i settori alimentari sono stati coinvolti, dalle bevande alcoliche ai dolci, dai salumi ai latticini. Gli acquirenti sono soprattutto aziende francesi (settore caseario), spagnole (olio), svizzere e statunitensi.

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