Clavesana – Si era presentato come il titolare di un’azienda dell’alessandrino impegnata nell’acquisizione di vini anche sfusi e presso una cantina di produzione di vino a Clavesana aveva fatto una serie di piccoli acquisti pagati in contanti o con assegni. L’ultimo acquisto però era ben più consistente, 486 bottiglie che vennero pagate con un assegno partito da un conto già chiuso, intestato a una persona deceduta. A raccontare gli elementi della truffa, subita nel febbraio 2015, A. L. il titolare della casa di produzione di vino di Clavesana che in quell’ultima spedizione di vini perse circa 1.500 euro. Non solo l’assegno non era valido, ma anche la società risultava inesistente. “Gli dissi che la banca aveva detto che l’assegno era inesigibile, ma M. B. cercò di rassicurarmi dicendo di provare di nuovo”. Successivamente l’uomo avrebbe anche promesso un risarcimento che però non arrivò mai. Per l’accusa il raggiro era stato pienamente provato dal momento che l’imputato avrebbe personalmente indicato una società di fatto inesistente, aveva pagato con un assegno non valido e aveva poi cercato di rassicurare la vittima della truffa; per questo ha chiesto la condanna, considerando anche la recidiva dell’imputato, a un anno e due mesi di reclusione e 600 euro di multa. Secondo la difesa invece, se solo il produttore di vino, applicando un’ordinaria diligenza, avesse fatto una semplice visura al registro delle imprese, avrebbe potuto constare che l’azienda non esisteva e per questo motivo ha chiesto l’assoluzione dell’imputato. La giudice ha accolto l’istanza dell’accusa condannando l’uomo a 10 mesi di reclusione e 500 euro di multa.