Torino – Ombre sulla scelta di Cirio e Icardi di creare in Piemonte una nuova grande azienda sanitaria regionale già battezzata “Azienda Zero”. Cirio la vuole attivare già per l’estate e sulla costituzione venerdì sono state fatte le consultazioni sulla proposta di legge.
Si tratta di una maxi struttura con molte competenze: dalla gestione dell’emergenza 118 e maxiemergenza, comprese le centrali del numero unico 112 e servizi di elisoccorso, alla definizione ed attuazione dei piani di acquisto annuali e pluriennali al piano alienazione, concessione e locazione del patrimonio immobiliare delle aziende sanitarie, dalla gestione del sistema informatico delle Asl e delle Aso, alla gestione e organizzazione dei centralini di prenotazione, dal Dirmei (dipartimento per le malattie e infettive) quello che sta gestendo l’emergenza Coronavirus, dalla guida della medicina territoriale, dalla continuità ospedale-territorio agli accordi con la sanità privata. Insomma una struttura con molti poteri e molte chiavi decisionali in mano dentro l’assessorato con il rischio (o la scelta voluta?) di svuotarne funzioni e competenze, ma anche di rendere sempre meno autonome e responsabili le singole aziende sanitarie.
Sono le perplessità espresse anche dai rappresentanti delle organizzazioni piemontesi dei medici e i sindacati che hanno espresso forti perplessità su questa iniziativa proposta dalla Lega e quasi all’unisono hanno chiesto alla Regione di fermarsi. I principali motivi sono stati individuati nell’inopportunità di aprire la discussione in piena pandemia, nel rischio di svuotamento delle Asl e di accorpamento di quelle più periferiche, in una eccessiva centralizzazione della sanità allontanandola dai territori, nella necessità prima di dotare il Piemonte di un nuovo piano socio-sanitario. Stesse perplessità da parte del consigliere regionale del Pd, l’albese Maurizio Marello: “Temo che l’introduzione dell’Azienda zero – ha detto – possa far sparire le Asl più periferiche, e determinare il loro accorpamento ad altre o quantomeno lo svuotamento di personale e competenze in favore di quella regionale. Insomma, si rischia una sanità più lontana dai territori e dai cittadini, mentre il Covid ha dimostrato la necessità opposta”.