Parla a ruota libera. Ricorda esperienze, incontri, volti e persone. Per lo più non hanno un nome: sono così tante le donne che ogni giorno incontra che ricordarle tutte sarebbe impossibile. Ma sa di essere davanti a persone, prima che a pazienti. Beppe Gaido è chirurgo e religioso dei Fratelli di san Giuseppe Cottolengo. Dal 1997 opera in Africa prima in Tanzania poi in Kenya a Matiri.
Chi lo incontra è una giornalista che vuole “spalancare una finestra virtuale sulla maternità di Matiri”, ma anche, confessa, sapere qualcosa di più sulla cultura di questo angolo di mondo, sulla condizione delle donne. In realtà quello che si trova davanti è un continuo confrontarsi con la realtà dell’ospedale.
Il medico continuamente ricorda i casi che deve ogni giorno affrontare. Ogni visita diventa incontro. Ogni intervento è un confronto drammatico con la vita e la morte, perché, spiega, c’è la “gioia profonda e difficile da esprimere a parole” di un parto naturale, ma anche l’indicibile dolore di un bimbo che muore.
I ricordi si susseguono incalzanti al punto che l’altro volto di Beppe Gaido, quello del religioso, emerge solo qualche volta, quasi furtivamente per affidare una donna appena divenuta madre. E così anche quell’interesse culturale e sociale che muoveva l’intervistatrice all’inizio va soddisfatto solo se si legge tra le righe, nell’assenza dell’elemento maschile, nelle difficoltà per raggiungere la sala parto, nella mancanza di fondi.
Madri
di Beppe Gaido e Stefania Bergo
PubMe
12 euro