La metodologia con cui un autore si approccia a un tema è influenzato dalla propria formazione culturale e artistica. Ne è riprova originale questo libro scritto da un artista che riflette sul cambiamento di era in cui è incappato il nostro pianeta.
Silvio Valpreda accoglie la proposta del sociologo Jason Moore secondo cui, se il rapporto dell’uomo con l’ambiente dipende da motivazioni di carattere economico, quella che si definisce Antropocene, andrebbe dunque corretta con Capitalocene. Un’era in cui i comportamenti dell’uomo nei confronti della natura sono determinati dall’esigenza del capitale di riprodursi in un’accumulazione di ricchezza che si autoassolve. Da questo principio l’autore legge una manciata di sue esperienze in giro per il mondo. Inutile però cercare problematiche sociali o economiche. Le sue esperienze sono alquanto fuori da schemi consueti, frutto di osservazioni personali nel corso di viaggi.
In Africa riflette sui conflitti tra animali per sconfinare presto sul loro rapporto con gli umani (la caccia grossa) che a sua volta apre sui rapporti economici tra gli uomini. In Scozia registra il passaggio dai campi aperti ai latifondi del XVIII secolo con le conseguenze sulla fauna selvatica e domestica, per atterrare in Norvegia dove evidenzia crepe nell’attenzione all’ambiente. E così via fino a Lavezzi, isoletta giusto a sud della Corsica, visitata accogliendo una sfida: “se anche su un’isola deserta avrei potuto riconoscere l’impatto del capitale”. “Abitata” solo da due cimiteri, che ospitano le vittime di un naufragio, su Lavezzi c’è il ricordo di chi ha potuto avere sepoltura a casa e chi invece solo la croce sull’isola: è di nuovo una differenza di denaro.
Viaggi narrati con poche sintetiche frasi, ma soprattutto con disegni, e qui affiora l’impronta dell’artista, che da soli parlano aggiungendo un sottinteso consegnato nelle mani del lettore.
Capitalocene
di Silvio Valpreda
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14 euro