Cuneo – Lei aveva trovato una seconda occupazione e lui non era contento del fatto che la madre delle sue tre figlie dedicasse più tempo al lavoro che alla famiglia. Pensava che la moglie lo tradisse. E per questo discutevano e litigavano da qualche giorno. Una sera di ottobre del 2018 lei era stanca e si sentiva un po’ di febbre mentre lui voleva fare l’amore. Lei si rifiutò e lui la insultò dandole della poco di buono mentre la cacciava fuori dal letto a calci. Lei cercò di uscire dalla stanza ma lui chiuse la porta della camera, la strattonò violentemente e lei cadde fratturandosi un dito del piede contro il letto. Il giorno dopo, col dito gonfio andò all’ospedale per curarsi e le diedero una prognosi di 20 giorni. Tornò a casa a trovò il marito arrabbiato perché non si era occupata della casa e delle figlie. Litigarono e lui le tirò uno schiaffo tale da lesionarle il timpano, poi prese un coltello e la minacciò, la strinse al collo mentre minacciava di ammazzare le figlie e di rendere la sua vita un inferno. Questo il racconto della signora di origini albanesi che il 10 ottobre del 2018 si rivolse alla polizia in preda al terrore di quello che sarebbe potuto capitare a lei ma soprattutto alla sue tre figlie. Alle forze dell’ordine vennero raccontati anche altri episodi di maltrattamenti e vessazioni risalenti negli anni, non solo nei suoi confronti ma anche verso le figlie. Furono subito trasferite in una casa protetta e qui sono cominciati i ripensamenti, o meglio, come li ha definiti l’accusa, i ridimensionamenti dei gravi fatti denunciati alla polizia. Lui A.D., 46enne di origine albanese, artigiano edile è accusato di maltrattamenti e degli episodi di lesioni per la frattura al piede e per lo schiaffo. Per lui l’accusa ha chiesto una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione. Dopo il periodo in casa protetta, i due si sono separati legalmente ma da qualche mese sono tornati insieme, “è un bravo padre, severo ma corretto con le figlie” ha detto in aula la donna che ha negato davanti ai giudici le minacce di morte, “minacciava di togliermi le figlie, non di ammazzarle. Non parlo bene l’italiano, forse mi sono spiegata male”. E così la figlia maggiorenne che, chiamata a confermare le accuse riferite agli agenti nell’ottobre del 2018, ha detto che quel quel giorno era in ansia e si era espressa male. “Non ha mai fatto mancare sostegno economico – ha detto l’assistente sociale che seguiva la famiglia – ed è sempre stato presente e corretto negli incontri con le figlie minorenni”. Lo stesso tribunale dei minori non ha preso provvedimenti. La difesa ha sottolineato l’accidentalità di quell’infortunio al piede, chiedendo la clemenza della corte per quello schiaffo di cui si era pentito e per il quale aveva scrupolosamente seguito un percorso psicoterapeutico. “La famiglia si è ricomposta, ma – ha ribadito l’accusa – il passato non si cancella e non si può mettere in discussione il fatto accaduto e la violenza subita dalla donna. Era fragile perché consapevole della gravità della cosa, ma desiderosa di ricomporre la famiglia. Questo comportamento non assolve lui da ciò che ha fatto”. Il 10 marzo è attesa la sentenza.