Sulle potenzialità del digitale ne sa molto anche chi lo usa poco. Ma ci sono anche quelli che lo usano molto pur sapendone poco: non sugli aspetti tecnici ma sulle possibili ricadute, non solo economiche ma anche sociali. Come nel caso dello “smart working”, chiamato “lavoro agile”, tanto agile da infiltrarsi ovunque, anche fuori dei perimetri consentiti. È il caso dell’invasivitá della connessione digitale poco rispettosa della vita privata. Una recente indagine ha rilevato che il 27% dei telelavoratori ha utilizzato il proprio tempo libero per il lavoro. Questo in una nuova situazione generata dalla crisi pandemica che ha visto i telelavoratori passare da un 5% prima della pandemia al 33% di adesso. Magari aiuta anche da noi quel 6% in più di stipendio, registrato dalla Banca d’Italia, grazie al maggior ricorso allo straordinario.
In un’Unione Europea, che già registra annualmente circa il 38% di persone con disturbi mentali, non è il caso di alterare oltre i tempi di vita con un digitale senza confini e con molti pericoli.
La pensano così anche quanti al Parlamento europeo chiedono che venga rispettato per i lavoratori il diritto alla disconnessione.