Fossano – È proseguito al tribunale di Cuneo il processo per tentato omicidio in cui sono imputati A.K. ed R.K, padre e figlio di origini albanesi, accusati del ferimento di T.G. con un colpo di pistola al volto. La vittima di questo attentato però è a sua volta colpevole, con pena patteggiata a 2 anni e 8 mesi, di aver sparato alla gamba di A.K. e alla caviglia di R.K. All’origine della sparatoria avvenuta la notte fra il 28 e il 29 novembre del 2015, una banale lite all’interno del locale Haiti di Fossano dove T.G. si era recato insieme alla fidanzata e altre due persone. Durante la scazzottata che è proseguita sul marciapiede davanti al locale, la fidanzata di T.G. sarebbe stata colpita da R.K con un pugno alla nuca. Dopo essersi allontanati dal locale, i quattro si diressero alla sala giochi gestita dalla madre di T.G.
La fidanzata e le altre due persone scesero dall’auto mentre T.G., che nel frattempo aveva ricevuto una telefonata da A.K. che gli chiedeva un incontro, prese a bordo un amico della madre e si recò alla sua officina che si trovava poco distante. Insieme ai due imputati si sarebbero presentate all’incontro altre quattro persone; padre e figlio avrebbero aggredito e picchiato T.G. che sarebbe finito a terra, più volte colpito ad una mano sulla quale ha riportato numerose fratture alle dita. A quel punto la vittima avrebbe raccolto una pistola che teneva nascosta lì vicino dietro un quadro elettrico e avrebbe esploso tre colpi di pistola, uno in aria, uno alla gamba di A.K. e uno a terra. Dalla relazione della perizia balistica, la ferita riportata da R.K sarebbe compatibile con una pallottola rimbalzata a terra prima di colpire la caviglia.
Dopo il ferimento dei due uomini, T.G. sarebbe riuscito a salire in macchina ma lì sarebbe stato raggiunto da un colpo di pistola, di striscio, al volto, sparato da uno dei sei che però non ha saputo individuare: un’incertezza che neanche la perizia ha saputo chiarire. All’interno di questa vicenda resta anche da chiarire come mai una volta fuggita dall’officina, la vittima si sarebbe diretta alla sala giochi e come prima cosa, ferito e dolorante, si sarebbe preoccupato di nascondere il videoregistratore collegato alle telecamere di sorveglianza del locale. Coma mai un gesto del genere se la sala giochi non c’entrava niente con l’aggressione?
Alla domanda più volte avanzata dalle difese, l’uomo ha risposto dicendo che non voleva che la madre fosse coinvolta in quella storia. Il processo è stato rinviato al 3 marzo per ascoltare altri testi.