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Venerdì 22 novembre 2024

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Estetisti chiusi in zona rossa, Confartigianato Piemonte chiede spiegazioni

"Provvedimento gravemente penalizzante nei confronti delle imprese che dalla riapertura hanno rispettato con diligenza le linee guida e si sono riorganizzate per tutelare i clienti"

La Guida - Estetisti chiusi in zona rossa, Confartigianato Piemonte chiede spiegazioni

Torino – Incredulità e rabbia da parte di Confartigianato Estetisti di fronte all’esclusione delle imprese di estetica dall’allegato 24 al DPCM del 3 novembre 2020 che elenca le attività di servizi alla persona consentite nelle zone cosiddette “rosse”. “Si tratta – dichiara la Presidente Estetisti di Confartigianato Imprese Piemonte – di un provvedimento gravemente penalizzante nei confronti delle imprese del settore che sin dalla riapertura del 18 maggio hanno applicato con la massima diligenza le linee guida approvate dalla Conferenza delle Regioni, intensificando le già rigide misure previste sul piano igienico-sanitario, e si sono riorganizzate per garantire la massima tutela degli imprenditori, dei loro collaboratori e dei clienti. Chiediamo di leggere e conoscere le motivazioni che hanno portato il Governo a questa decisione: parrucchieri aperti perché? attività di estetica chiuse perché? magari potremmo condividere, ma senza spiegazioni, no!”.

Dagli ultimi dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Piemonte, in questi settori in Piemonte si registrano 2.500 centri estetici artigiani che offrono servizi e trattamenti estetici grazie anche ai circa 4.500 addetti. Si stima che un terzo dei centri estetici del Piemonte non riuscirà a riaprire dopo questo secondo lockdown.

Inoltre la chiusura dei centri contribuisce al proliferare di abusivi e irregolari che offrono “servizi itineranti e a domicilio” per trattamenti estetici. “Questa situazione aveva provocato una prevedibile impennata dell’offerta di prestazioni da parte di operatori che già esercitavano l’attività in forma abusiva  – continua Baiolini – in assenza delle prescrizioni di legge sia sul piano formativo che igienico-sanitario e che, in quel frangente, hanno rappresentato ancor più di sempre un serio rischio per la salute dei cittadini, oltre che danneggiare ulteriormente sul piano economico le aziende in regola.”

 

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