Cuneo – Con l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera, si è aperto ieri (giovedì 24 settembre) a Cuneo il processo in cui sono imputate due famiglie di imprenditori che – avvalendosi della intermediazione di F. M. T. (conosciuto con il soprannome di “Momo”, come fu poi denominata l’indagine), 31enne del Burkina Faso – assumevano braccianti agricoli sottopagandoli e sfruttandone il lavoro. A giudizio sono finiti D. G., G. G., M. B di Lagnasco e A. D., A. P. e M.C. di Barge. Nel processo si sono costituite parti civili la Cgil di Cuneo e il sindacato agricolo Flai. Al giudice è stata anche presentata la richiesta di costituzione in giudizio dell’associazione Sicurezza e Lavoro, su cui il giudice dovrà esprimersi.
L’udienza di ieri è stata subito interrotta per l’eccezione presentata dalle difese sulla competenza del giudice monocratico in questo processo: secondo i difensori dei sette imputati, stando alle accuse contestate dall’accusa, la competenza del processo sarebbe del collegio e non del giudice monocratico. Su questa richiesta il giudice Alice Di Maio si è riservata e ha rinviato l’udienza al 12 ottobre prossimo.
Il caso “Momo”, emerso nel maggio 2019 dopo mesi di indagini, aveva fatto scalpore nel cuneese, in quanto evidenziava il rischio di caporalato nelle campagne della Granda, con l’intermediazione di almeno un ex lavoratore che reclutava, gestiva e controllava manodopera per la raccolta della frutta e per altri lavori (anche con mansioni che prevedevano l’esposizione a fitofarmaci o l’uso di carrelli elevatori, senza alcuna formazione).
Nell’estate 2018 Polizia e Carabinieri avevano tenuto sotto controllo alcune situazioni lavorative nel saluzzese, procedendo poi con intercettazioni e perquisizioni; furono trovati anche appunti con nomi, orari e soldi percepiti (si trattava di almeno una ventina di lavoratori, che venivano sottopagati) e biglietti con indicazioni sulle cose da riferire in caso di controlli. Secondo gli inquirenti, questa situazione continuava da tempo; per questo caso, che oggi viene seguito con particolare attenzione anche sul fronte sindacale, si giunse anche a parlare di Saluzzo come di una “Rosarno del nord” (immagine di repertorio).