Ancora un ritorno a Pratogaudino dopo i vari altri “ritorni” degli autori che sono stati, prima che ricercatori, dei “raccoglitori di ricordi”. L’immagine suggestiva si spiega nell’intento di rinnovare la memoria di gesti, lavori, abitudini della gente del posto affidati ora soltanto alle reminiscenze degli anziani.
Pratogaudino: poca terra, tanta fatica e un territorio che si divide fra tre Comuni: Cervasca, Vignolo e Roccasparvera. Il nome attuale viene dalla fusione di altri due termini, Prà e Gaudin, che dichiarano apertamente l’origine medioevale. Ambedue parlano di foreste pericolose, ma anche oggetto di disboscamento per far spazio alle attività umane.
L’acqua è un bene prezioso da custodire con cura. I muretti a secco sorreggono terrazzamenti per incrementare la superficie utilizzabile, mentre le mappe catastali del Settecento parlano spesso di appezzamenti a “zappatoio”, termine che indica un terreno coltivabile “solo a mano, con la zappa, senza interventi di aratri trascinati da animali”: in una parola è racchiusa l’immagine di una vita fatta di fatica e poche risorse economiche. Di qui l’emigrazione stagionale o permanente oppure l’usanza di prendere a balia i bambini per integrare le magre finanze.
Dai documenti però gli autori passano presto ai ricordi e alle testimonianze. Sono per lo più brevi inserti che spaziano su un ampio ventaglio di argomenti per offrire un mosaico della vita in queste borgate. Dai lavori ai forni, dai cibi ai divertimenti passando attraverso alcune figure caratteristiche che si identificano col loro stesso mestiere. La vita famigliare è scandita dai momenti fondamentali, quelli vissuti, nel bene e nel male, come tappe di svolta per l’esistenza del singolo come della comunità: matrimoni, funerali, pranzi.
Le testimonianze vengono direttamente da persone che hanno vissuto o sono tornate vivere a Pratogaudino. Talora sono in dialetto. Tutte hanno la vivacità di un discorso che si intesse di affetto quando non di nostalgia. Spesso aggrappate anche solo a un luogo, a un oggetto magari insignificante per tanti, cifra di memoria personale per chi ne parla come la pietra di “posa” dove si appoggiavano i pesanti sacchi prima di caricarseli a spalla.
E poi ci sono i “sogni”. Una sezione originale che miscela passato e futuro lasciando sperare nella sopravvivenza di questi luoghi. Sullo sfondo qualcuno lascia trasparire quasi un dovere morale “di non dimenticare il fatto che i vecchi sono vissuti lassù, hanno cresciuto dei figli”. In agguato c’è sempre lo sconforto per una vita difficile che mal si addice alle occupazioni di oggi.
Infine un’ampia sezione è dedicata alla scuola presente nella borgata fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento quando si pensa anche a offrire una continuità per il periodo invernale. Di nuovo l’esperienza scolastica viene mediata da figure conosciute, personaggi raccontati con affetto dai loro stessi alunni.
La montagna di Cervasca
di Maria Bramardi, Giancarlo Giordana, Lucia Renaudo
Primalpe
12 euro