Cuneo – La Rete Minerali Clandestini, gruppo di associazioni nata a Cuneo poco più di un anno fa e dedicato alla lotta contro ogni marginalità ed esclusione, partecipa con una lettera rivolta al sindaco di Cuneo, Federico Borgna, alla discussione sulle problematiche riguardanti l’accoglienza di senza tetto e migranti stagionali, inaspritesi negli ultimi giorni fino all’ordinanza comunale che prevede multe e daspo urbano per evitare i bivaccamenti al Movicentro di Cuneo.
“Signor Sindaco. Abbiamo letto la Sua risposta alla lettera di Marco Revelli, che portava all’attenzione di tutti noi il problema del livello di compatibilità emotiva, sociale ed anche economica, che una società può sopportare di fronte al tema di una sofferenza diffusa e crescente come quella legata all’emarginazione dei senza tetto o alla condizione dei migranti. Temi che, pur nel contesto di una tragica sovrapposizione esistenziale, vanno tuttavia affrontati in maniera differenziata e documentata senza favorire interpretazioni confuse e fuorvianti come quelle purtroppo sostenute anche da una parte delle nostre istituzioni. Iniziamo subito col dirLe, per sgomberare il campo da ogni equivoco, che abbiamo riconosciuto l’impegno che Lei e la sua Amministrazione, assieme a differenti realtà del terzo settore, avete messo in campo, in particolare nel corso di questi ultimi mesi, per affrontare la situazione delle “persone” in situazione di precarietà a Cuneo (ricordiamo l’apertura estiva del dormitorio CRI, l’impegno assunto dal Comune per la prossima apertura del presidio in frazione Roeri, il potenziamento della mensa sociale Claudio Massa presso i Tommasini). Ha ragione quando afferma che uno dei problemi principali, quello migratorio, non è solo locale ma anche e soprattutto nazionale, europeo e internazionale perché molte di queste persone provengono da paesi extraeuropei. Una responsabilità che, come sappiamo, parte da lontano, da un approccio devastante che i nostri Paesi occidentali hanno avuto e hanno nei confronti dei Paesi in via di sviluppo ai quali sottraiamo da decenni risorse, alimentando corruzione e sostenendo finte democrazie; vendiamo armamenti che favoriscono guerre interetniche, desertifichiamo i territori imponendo i nostri modelli produttivi e di consumo all’origine dei cambiamenti climatici e del sovrariscaldamento della terra con le conseguenti migrazioni ambientali.
A livello nazionale giustamente, come ricorda lei, vi è la legge Bossi-Fini ma anche (e qui non comprendiamo come mai non li abbia citati) i cosiddetti decreti sicurezza che anziché risolvere i problemi li hanno aggravati, aumentando il numero degli irregolari e scaricando sempre sui più deboli il fallimento di politiche che non affrontano i problemi alla radice ma si muovono sul facile consenso e sulla paura: armi di distrazione di massa che distolgono dalle vere cause e dalle vere lotte necessarie per superare le disuguaglianze, che rappresentano il vero tarlo della nostra società. E infine le incerte politiche del nostro governo che, in un contesto europeo di colpevole ed ipocrita indifferenza, non solo non si fanno carico di progetti di pace, di vera cooperazione e pari dignità agevolando uno sviluppo sostenibile dei paesi poveri, ma non rimettono nemmeno in discussione norme razziste che hanno distrutto modelli virtuosi di accoglienza come gli SPRAR (che andrebbero invece sostenuti e riattivati) e nel contempo finanziano i torturatori libici e sostengono l’esternalizzazione delle frontiere, destinando a sofferenza e a rischio di morte in terra, come in mare, migliaia di persone in fuga dalla carestia, dalle guerre, da regimi dispotici e/o semplicemente alla ricerca di condizioni di vita meno disperate.
Ma torniamo al locale. E’ vero che gli amministratori locali hanno in mano pochi strumenti e poche risorse (in presenza per di più di una sostanziale assenza della Regione Piemonte, che ha stanziato poche decine di migliaia di euro su questo capitolo, pur avendo una responsabilità primaria nella gestione del fenomeno migratorio) per affrontare problematiche emergenziali che oramai sono diventate stabili e croniche ( dunque prevedibili) ma è anche vero che appare abbastanza anacronistico e assurdo, oltre che estremamente ingiusto, pensare di poter risolvere tutto con multe che nessuno pagherà e affermando l’idea che il problema si limiti al solo decoro urbano. Quello che non è decoroso è la miseria e la difficoltà delle persone e non serve spostare il problema un po’ più in là, dando risposte semplicistiche su tematiche complesse che richiedono un altro tipo di approccio. Quello che non è accettabile è la convinzione che si possa fissare un limite alla solidarietà (i tre cappuccini del racconto di Baudelaire) e che, nella totale confusione di ruoli decisionali (i famosi tavoli provinciali) il Comune non debba e possa farsi promotore di altre iniziative. Ogni sera ormai da molti giorni, in pratica da quando è stata emanata l’ordinanza sul divieto di bivacco (!), oltre 50 persone dormono, una attaccata all’altra per difendersi dalle prime frescure notturne. E’ evidente che con la semplificazione delle ordinanze non si risolve nulla e non si affronta neanche la situazione sanitaria che deve essere trattata anch’essa rigorosamente per evidenti motivazioni di salute pubblica sia degli ospiti che degli abitanti, secondo quanto disposto dal Decreto Rilancio art.103, comma 20. Non è più accettabile la giustificazione che “più locali si mettono a disposizione, più ne arrivano e più aumenta il numero dei migranti”.
Occorre definire meglio i ruoli e le responsabilità nei tavoli decisionali, occorre una progettualità di più ampio respiro, basata su una conoscenza più accurata della condizione lavorativa e legale delle persone coinvolte dal fenomeno (molto ci si aspetta dalle azioni del progetto Presidio della Caritas in corso). Occorrono nuove risorse nel pubblico come nel privato: i datori di lavoro devono sostenere e potenziare l’ospitalità diffusa, le organizzazioni religiose in collaborazione col Comune possono aumentare il loro già grande impegno sia in termini di operatori che di luoghi di accoglienza e tutti insieme ci si potrebbe impegnare anche su esperienze nuove che permettano il riuso di locali, cascine, caserme con la prospettiva di un impiego lavorativo sul campo delle persone ospitate. Ma per tutto ciò è fondamentale e non è più rinviabile una modifica della legislazione nazionale che stabilisca forme di accoglienza regolari e programmate e forme di accoglienza per motivi umanitari, come richiesto dalla campagna “Ero Straniero” tre anni orsono e come richiediamo con forza oggi, dopo la devastazione dei decreti sicurezza.
Per tutti questi motivi riteniamo necessario un incontro per fermarci insieme a Lei, riflettere e costruire risposte ancora non tentate. E ne trarremo beneficio insieme, perché una società accogliente riscoprendo le relazioni vere tra quanti la vivono, agendo con solidarietà con quanti più faticano, sarà capace di speranza, capace di futuro. In questo modo, continuando in un impegno che oramai da più anni ha visto lavorare insieme amministrazione locale, cittadini responsabili e solidali e associazioni diverse, dimostreremo dal basso, con atti concreti, che è possibile quel cambiamento che tutti invochiamo per una società più giusta che sa che “accogliere” significa accompagnare, sostenere, tutelare , soprattutto le persone più fragili. Se saremo una Città che andrà oltre i limiti imposti ne saremo orgogliosi, per Lei e per tutti noi, perché siamo stati capaci di uscire dal nostro egoismo per affermare la dignità di ogni persona”.