Banana Yoshimoto è una delle più note e prolifiche autrici giapponesi. In Italia è diventata conosciutissima quando Feltrinelli nel 1991 pubblicò “Kitchen” una storia di una separazione traumatica e di due giovani che cercano di riemergere dal dolore con estrema fatica. Quello che sorprese era lo stile, vivido, fresco quasi leggero pur raccontando un dolore lacerante. Nel suo nuovo romanzo Banana torna a una trama simile a quella dell’esordio. Sayoko e il suo fidanzato hanno avuto un incidente in macchina dove lui muore e lei sopravvive nonostante terribili ferite. E da quel giorno deve imparare a vivere di nuovo, anche se la fatica e il dolore sono tanti. Sayoko in qualche modo si adagia a un’indispensabile bolla per ricostruire e ritrovare la parte più essenziale di noi, ciò che ci rende noi stessi. È la ricerca del mabui, di una cosa che somiglia molto all’anima e che Sayoko deve solo andarsi a riprendere.
Ambientato tra i templi e gli onsen di Kyoto, il romanzo è scritto all’indomani del terremoto e dello tsunami di Fukushima e non è altro che un inno alla vita, alla speranza. Perché chi sopravvive a una catastrofe, a una perdita di qualcuno che abbiamo a fianco, non perde soltanto quell’affetto emblema di un legame, perde anche tutto quel che quel legame può significare, compreso il senso della propria esistenza, la ragione del proprio vivere. Ma non si può fare altro che portarsi il dolore come un bagaglio che non può essere scardinato ma allo stesso tempo cercare di collocarlo in una dimensione diversa da quella vissuta. La vita è davvero sempre appena a un filo ci ricorda questo libro, è un filo e un soffio di vento ma è davvero straordinario e importante viverla in ogni secondo, in ogni piccola cosa, in ogni bello e brutto perché ognuno di noi ha un proprio posto nel mondo e nella vita degli altri.
Un ritorno alle origini ma con una profondità e una maturità diversa.
Il dolce domani
di Banana Yoshimoto
Feltrinelli
12 euro