È appena uscito il Rapporto ISTAT 2020. Quasi 300 pagine, una miniera di dati, una fotografia del Belpaese non sempre bella, spesso interessante, mai banale. Invitare alla lettura sfiora il sadismo, non tanto per l’impegno che richiede la complessità del Rapporto quanto piuttosto per l’immagine problematica che rimanda di questo nostro singolare Paese.
Prendiamo, quasi a caso, le buone notizie, relative alle attività che nel periodo di “confinamento” per il Covid-19 si sono significativamente “riconfigurate”: lavoro familiare più condiviso, cresciuto il tempo dedicato allo studio, ma anche alla TV e alle relazioni familiari e sociali. La TV come fonte di informazione per il 92% dei cittadini (il 96% gli anziani) e il telefono come mezzo di comunicazione (62,9% la media, il 68,4% le donne). Molti hanno pregato: il 42,8% della popolazione di 18 anni e più, 52,6% le donne, il 60% le persone di 65 anni e più.
È cresciuta anche la lettura, cui si è dedicato il 62,6% della popolazione (ma solo il 60,8% delle donne, probabilmente assorbite da altre attività in casa), con una prevalenza del supporto digitale per gli uomini, quello cartaceo per le donne.
Molto altro si potrebbe raccontare di questa Italia. Magari in una prossima puntata.