Storia interamente al femminile quella del primo romanzo di Sabrina Cinzia Soria “Il destino non c’entra”.
Adele e Gemma vivono quel destino ingrato che intende giocare le carte al posto loro. Siamo negli anni Cinquanta in un paese sulle colline tra Langhe e Monferrato non identificato con chiarezza perché, precisa l’autrice, la trama si rifà a una storia vera. In realtà tempo e luogo non sono esclusivi: i pregiudizi che gravano sui rapporti tra le persone, i pensieri non espressi che diventano giudizi affrettati non sono prerogativa di un momento o di un luogo.
A questo pensa l’autrice quando scrive di Adele che a tredici anni mentre è tra le vigne per la vendemmia viene colta da una crisi epilettica. Una patologia vissuta con vergogna dalla famiglia tanto che il padre decide di metterla in un istituto. Anche Adele capisce che il pregiudizio prevale sull’amore dei genitori. Non bastano le lacrime del distacco a riempire un vuoto che la ragazza colma solo grazie alla zia, donna risoluta e energica.
Gemma vive poco lontano. Famiglia diversa, ma vita altrettanto difficile. La morte della madre la costringe a prendere su di sé la responsabilità della casa anche se altrettanto impellente sente il desiderio di essere altrove, di avere spazi liberi dove realizzare i suoi desideri.
Lo sfondo è il dopoguerra “quando le nuove generazioni sono attirate del richiamo della città”, scrive l’autrice. È il miraggio di una vita affrancata dalla precarietà del mondo paesano, ma col rischio di perdere le proprie radici. Due storie al femminile che si intrecciano sull’orlo della solitudine. Attaccamento alla terra e ricerca di un proprio spazio che la vita di paese non offre tra pettegolezzi e ristrettezze sono le alternative per personaggi giovani che vivono con dolore il distacco.
Il destino non c’entra
di Sabrina Cinzia Soria
Baima-Ronchetti
15 euro