Cuneo – Nel dopo emergenza sanitaria e nel ritorno alla normalità, l’estate riporta anche un’antica pratica allevatoriale di forte tradizione e significativa sul piano ambientale: l’alpeggio, con il suo momento più sentito a San Giovanni, il 24 giugno.
Sono quasi 165.000 i capi bovini sulla via della monticazione, cui vanno aggiunti centinaia di greggi di pecore e capre; numeri che vedono primeggiare la provincia di Cuneo con circa 100.000 capi in 350 località d’alpe dalle Marittime al Monviso (dati dell’Arap, associazione regionale allevatori).
Alpeggio e transumanza hanno oggi valenze sempre più importanti, dal presidio delle “terre alte” alla promozione della produzione lattiero-caseria di eccellenza, fino alla salvaguardia delle biodiversità animali. “I nostri marghé – dice Roberto Chialva, presidente Arap – sono depositari di conoscenze e tecniche apprese dai padri e costantemente supportate dalle innovazioni tecnologiche. Dal loro lavoro deriva il benessere dei bovini e la valorizzazione della razza Piemontese e delle altre razze bovine, ovine e caprine che costituiscono il patrimonio zootecnico delle nostre regioni”.
“La transumanza alpina non è soltanto il trasferimento delle mandrie in montagna – aggiunge Tiziano Valperga, direttore Arap -. L’alpicoltura è in primo luogo cura dell’ambiente montano e conservazione delle essenze foraggere pregiate, tenendo conto dell’equilibrio tra leguminose e graminacee. È un corretto rapporto tra pascoli e armenti, tra numero degli animali e la superficie, con l’uso di recinti, piste, ricoveri e l’assicurazione dei punti d’acqua per l’abbeveraggio. L’alpeggio è infine una grande attrattiva del turismo montano”.