La parola fisco piace a pochi: a chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo e a chi spera di continuare a non pagarle. O, nel caso delle multinazionali, a pagarle dove pesano di meno. E non stiamo parlando dei paradisi fiscali sparsi per il mondo, ma della nostra Unione Europea che tante risorse mette in comune ma non le tasse. Il pensiero va all’Irlanda, alla “frugale” Olanda, al piccolo e grasso Lussemburgo e non solo: Paesi che fanno affari con l’elusione fiscale, sottraendo risorse agli altri Paesi.
Nonostante i mugugni, l’Italia non è il Paese con le tasse più alte: settima nella classifica, guidata dalla Francia e dal Belgio con subito a ruota tre dei quattro Paesi “frugali” (Danimarca, Svezia e Austria) che, forse anche per questo, resistono a traferire loro risorse verso i Paesi del sud, tra i quali l’Italia.
La congiuntura attuale spinge l’UE a mettere mano a questa frammentazione, sapendo che si tratta di un terreno minato dove l’aspettano gli alfieri delle sovranità nazionali, per nulla disposti a cedere potere a un’Autorità federale: hanno già perso la moneta (ma non è il caso di Danimarca e Svezia), toglietegli il fisco e domani dovranno rinunciare anche a difesa e politica estera.
Un po’ troppo con i tempi che corrono: per qualcuno all’indietro.