L’anima diventa cieca e priva di emozioni, di compassione. Tocchiamo con mano la fragilità dell’animo umano, di quanto basti poco per ritrovarsi nel caos, presi dal panico, confusi , disorientati. Ciechi. Ambientato in un tempo indefinito, in un luogo non precisato, in cui, improvvisamente, a causa di un’inspiegabile epidemia la popolazione si ritrova cieca, inondata da un’intensa luce bianca simile a un “mare di latte”, il libro del premio Nobel Saramago è un altro capolavoro del maestro portoghese. I personaggi rimangono anonimi, si distinguono solo per alcune connotazioni sociali o fisiche: “il medico”, “la moglie del medico” “il ragazzino dall’occhio strabico” “la ragazza dagli occhiali scuri”, “il primo cieco”. Le reazioni emotive, psicologiche dei protagonisti sono atroci: le “vittime” colpite dall’epidemia vengono rinchiuse in un ex manicomio per la paura del contagio, per tutelare l’intera popolazione. E qui, in questo luogo che diventerà scenario di eventi deplorevoli, vivranno momenti di clausura e convivenza forzata, rivelando l’orrore dell’uomo quando si ritrova in un ambiente privo di controllo e di “quieto vivere” trasformandolo in bestia primitiva, privo di ogni condizionamento civile.
Saramago mette in rilievo la metafora di un’umanità primordiale e feroce, incapace di vedere con lucidità e distinguere le cose su una base razionale. E così si parla di potere e sopraffazione, indifferenza ed egoismo, una forte denuncia del buio che pervade l’animo umano. Il buio della ragione in cui, in una condizione di panico estremo, l’uomo rivela il peggio di sé, anteponendo la cattiveria, l’irrazionalità, la brutalità alla ragione.
Saramago ci dice che è meglio fare i conti col buio che si cela dietro le nostre paure, rendendoci tutti dei potenziali “cattivi”.
Cecità
di José Saramago
Feltrinelli