Nikolov ha raccontato i suoi primi passi nel mondo del volley: “Un’allenatrice di volley venne nella nostra scuola e selezionò alcuni tra ragazzi e ragazze con altezze interessanti e ci disse di presentarci ad allenamento il giorno dopo. In Bulgaria nell’88-89, vigeva ancora il comunismo e la libera scelta non esisteva, perciò io presi e andai ad allenarmi. Poi mi sono appassionato fino ad arrivare a questo incontro di oggi”. Nikolov oggi è il presidente della società in cui ha iniziato a giocare a pallavolo, la scuola di pallavolo del Levski Sofia: “Ho provato anche ad allenare, non è andata bene e ho smesso. Il lavoro dell’allenatore è difficile, ci vuole tanta pazienza e io non ce l’ho”.
Il ricordo è poi andato alla stagione di grazia 2009/2010, quando Cuneo vinse il suo primo scudetto, il secondo in carriera in Italia per Nikolov. “Dissi che per vincere bisognava inserire le persone giuste, partendo da Parodi, giocatore della scuderia cuneese, ma che era in prestito a Verona e aveva contribuito anche a battere Cuneo e quasi a estrometterci dalla Coppa. Poi Grbic era fondamentale al palleggio. Alla fine del mercato Pistolesi fece un azzardo, inserendo in squadra Mastrangelo, che tuttavia si dimostrò la scelta vincente, perché giocò una stagione ottima, ad alto livello”.
Alla domanda da chi sei corso dopo aver messo quell’ultimo punto verso lo scudetto, Nikolov ha risposto con grande gioia, verso Maya, la moglie: “Quando si vince significa che si è sofferto e faticato e se per noi era impegno sul campo, per lei a casa da sola con 2 bambini piccoli è stata davvero una grande prova. Quindi com’è finita la partita io sono corso da lei”.
“Nei 3 anni a Cuneo sono stato felice dal primo all’ultimo giorno! Quando ho capito che il mio corpo non sarebbe riuscito a sostenere il ritmo da opposto di alto livello con 2 partite a settimana e 80 all’anno, non volevo deludere la società e i tifosi e quindi sono partito. Ho scelto una squadra che non facesse Coppe, ma solo campionato con meno carico e minor impegno”.
Durante la diretta è intervenuto anche coach Roberto Serniotti, che allenò Vlado nel periodo francese della sua carriera tra le fila del Tours, chiedendo di raccontare di un allenamento che il bulgaro si ritrovò a fare in mutande: “Praticamente stavamo tornando da una trasferta di 6 giorni, scesi dal treno ci fecero andare immediatamente al palazzetto per un allenamento, ma io non avevo più nessun cambio pulito nel borsone. Siccome eravamo solo noi al palazzetto, mi sono allenato con le scarpe da ginnastica e le mutande, perché l’unica opzione erano i jeans e non sarebbero stati molto pratici”.
L’ultimo ricordo, ma non per questo meno importante, è stato per i Blu Brothers: “Io purtroppo non sono né uno scrittore né un poeta in grado di scrivere tutte le emozioni che mi hanno trasmesso questi tifosi. Sono stati tanti momenti importanti che abbiamo vissuto insieme e dei quali io ho ricordi stupendi. Sicuramente non dimenticherò mai l’accoglienza che mi riservarono quando tornai al palazzetto di Cuneo con Piacenza. Una sensazione indimenticabile! Non smetterò mai di ringraziarvi ragazzi!”.
In conclusione il responsabile del settore giovanile cuneese ha chiesto quale fosse il consiglio più importante da trasmettere ai giovani atleti: “Come i giovani oggi, anch’io alla loro età mi impegnavo molto in attacco, tantissimo alla battuta e meno a muro, difesa e copertura, ma quello che voglio dire ai ragazzi è che non c’è un fondamentale più importate dell’altro. Se volete diventare giocatori forti e completi dovete fare tutto bene, o per lo meno tutto al massimo delle vostra capacità fisica, tecnica e mentale. Solo così potrete esprimere il massimo del vostro potenziale”.