Da subito se si è pensato ad associare questo momento alla letteratura di Camus. Siamo ad Orano, una città sulla costa algerina, colpita da un’epidemia di peste che decima gran parte della popolazione. La pestilenza si diffonde in sordina e, all’inizio nessuno vuole cedere alla verità del futuro che si prospetta, finché l’epidemia prende il sopravvento e la città viene completamente isolata dal resto del mondo. Il protagonista della vicenda è il dottor Rieux, uno dei primi a rendersi conto della gravità della situazione. Insieme all’amico Tarrou si occuperà dell’emergenza sanitaria, organizzando squadre per la cura dei pazienti e ospedali improvvisati lì dove un tempo scorreva tranquilla la vita di tutti i giorni: le scuole o gli stadi. Il dottore però è anche il narratore della vicenda, una voce attenta, chiara, introspettiva e riesce a catturare nella sua cristallina tragedia ogni frammento della psicologia umana davanti al dramma. Questo è quello che consente all’opera di non essere solo un resoconto truce della morte di metà della popolazione, ma un vero affresco di come la natura umana concepisca il male, di come lo affronti creandosi eroi più o meno credibili e di che posto spetti alla religione in uno scenario come questo. Il dottor Rieux è un eroe, nel senso che è colui che continua a fare il proprio dovere, ogni giorno, senza rassegnarsi al male. Un eroe non convenzionale, ma dotato di un coraggio e una profondità psicologica sorprendente. Rieux sostiene che il concetto di disegno divino non deve fermare dal continuare a fare il proprio dovere; in altre parole, non bisogna rassegnarsi al male. Il male per Rieux è insito nella natura del mondo e non uno strumento della punizione divina. Il male toglie la libertà di fare progetti e di continuare a sperare nel futuro. La peste possiede la capacità di far maturare le persone, ma anche di farle abituare al male. Ed è questo che non si può accettare.
La peste
di Albert Camus
Bompiani