Cuneo – Si è spento il partigiano Biagio Mario Cinquini, classe 1926, uno tra gli ultimi partecipanti alla Lotta di Liberazione. La testimonianza di Biagio Cinquini, raccontata dalla presidente dell’Anpi di Cuneo Ughetta Biancotto, è ancora viva anche a distanza di anni.
“È giovanissimo, quando nel luglio 1943 si trova a dover decidere e optare con chi combattere. Biagio abita a Cuneo con la famiglia , il padre operaio al genio civile, lui impiegato viene licenziato dopo la caduta del capo del governo Mussolini e lo sbandamento dell’esercito italiano. L’Italia è una nazione invasa dall’esercito tedesco e anche nelle valli del cuneese inizia una nuova Resistenza; Cinquini conosce gli studenti universitari Giorgio Bocca, Detto Dalmastro, Aurelio Verra, che diventeranno tutti futuri comandanti partigiani.
Siamo nell’ inverno del 1944, Biagio decide di andare a combattere contro l’invasore nazista e i suoi accoliti fascisti che ancora imperversano nei nostri paesi e nelle montagne. Parte insieme al suo amico e compagno Ernesto Meinero e raggiunge la brigata partigiana ” Rosselli ” in Valle Stura . Li raggiuge il fratello Luigi “Gino” anche lui partigiano in quelle valli.
Combatte a Moiola, Valloriate , Demonte, ha un ruolo di staffetta, si sposta con la bicicletta , assiste all’attacco del Ponte dell’Olla (Gaiola ) distrutto e sostituito con una passerella. Si sposta tramite il Colle del Mulo in Valle Grana, e giunge al santuario di Castelmagno con il gruppo di partigiani combattenti coordinati dai comandanti Ettore Rosa e da ” Wolf” D. Livio Bianco. I molti partigiani rimasti vengono ospitati dai frati del Santuario per la notte e per il sostentamento, e per poter nuovamente riprendere il percorso per giungere in valle Grana, a Pradleves.
Dopo l’ordine del comandante Renato Aimo, ritorna in valle e continua la sua vita di combattente a Moiola in Valle Stura. Biagio ricorda il rientro tramite i sentieri impervi della montagna tra i rifugi del Migliorero e il rifugio Zanotti, tra sentieri rocciosi ed e poi Pietraporzio. Ritorna in Valle Stura dove i tedeschi che presidiano il territorio sono ritornati con armi e carri armati e auto blindate.
Menziona alcuni episodi, disagi tra cui la mancanza di viveri e di case, lo scarso cibo, ma l’aiuto dei montanari che condividono con i partigiani i loro pochi averi che li nascondono, li proteggono, nei momenti di bisogno, anche a rischio di rappresaglie ma sono disponibili a donare il poco che hanno.
Dopo varie peripezie rientra a casa, per problemi di salute, a Cuneo collabora con vari partigiani contro gli invasori tedeschi. Ritorna in montagna a Demonte, fino alla liberazione dei paesi della valle e di Borgo San Dalmazzo avvenuta negli ultimi giorni di aprile 1945.
La sua testimonianza e i suoi insegnamenti siano di monito a coloro ai giovani e alle nuove generazioni”.