Cuneo – “Piccolo Festival di Grandi Canzoni”, Sanrito è arrivato alla sua sesta edizione, in contemporanea alle due ultime serate della rassegna sanremese (il 7 e l’8 febbraio), all’Auditorium Foro Boario di Cuneo. Per chi non lo conoscesse ancora, quest’originale e divertentissimo evento musicale è nato in un locale che ora purtroppo non esiste più, il Condorito di Margarita, che viene però evocato nel nome, ovviamente, e nel fatto che all’artista vincitore è consegnato il “Carlos Desnudo”, una mini-riproduzione in stampa 3D di Carlos Cid Esposito che di quel luogo – amatissimo dagli appassionati di musica – fu il creatore e l’animatore per molto tempo.
Da sempre Sanrito ha due protagonisti fissi. Uno è il presentatore: l’incredibile e improbabile Pietro Fiocco, una fucina ininterrotta di battute e affermazioni surreali, che quest’anno era abbigliato come un medico (dal camice colorato e con grandi occhiali à la Elton John) e accompagnato da due vallette/infermiere (Vea, la cantante torinese, e Amina). L’altro ingrediente obbligato è l’orchestra, che quest’anno si chiamava Chromatic Orchestra, era come al solito strepitosa e comprendeva alcuni musicisti presenti anche nelle scorse edizioni (come i fratelli Newton, Lillo Dadone, Giaime Mannias, Marco Santullo, Sergio Caputo e Tommaso Sorba) e altre new entries. È sicuramente la bravura di questo ensemble (diretto quest’anno, per la prima volta, da Nicolò Bottasso) che fa alzare decisamente la qualità della serata, creando un effetto per così dire artisticamente dopante.
Grazie all’appassionata direzione artistica di Francesca Fiocco e ad una marea di collaboratori volontari, le due serate sono state caratterizzate entrambe dal “tutto esaurito” e da un’atmosfera calda e bellissima. Giudicate da una giuria composta da addetti ai lavori, giornalisti, nonché dal “padre spirituale” della manifestazione, Michele Dimiccoli, si sono confrontate dieci canzoni.
Ad aprire la serata della finale è stato il pop ottimista di “Terrabuona” degli albesi Incantastorie, che non diranno nulla di nuovo e originale, ma lo dicono con entusiasmo grazie anche una cantante davvero brava. A seguire il cuneese Giuseppe Quattromini che ha cantato “L’africano”, un brano ricco di simbolismi (“Questa brama di esotico è soltanto suggestione”, dice alla fine il testo).
Con Andrea Marzolla (da Moncalieri) e i suoi “Santi da bar” era di scena un mix di rock e blues, dove gli assoli della chitarra elettrica del suo compare Danilo Vicari erano abbinati alla potente sezione fiati della Chromatic Orchestra con risultati anche qui non innovativi ma piuttosto convincenti.
Il torinese Protto (normalmente accompagnato dalle Risorse Umane) ha presentato, invece, in “9! 9! 9!” (da leggere in inglese ma da intendere alla tedesca nel senso di “No! No! No!”) con toni ironici e cabarettistici come una sorta di Fred Buscaglione che si accompagna con una tastiera dai suoni vintage.
Quinto artista della serata è arrivato il vincitore di Sanrito 2019, Puso, di cui tra l’altro è da poco uscito il libro “Il mio pescegatto si mangia da solo” (Edizioni del Faro). Il brano presentato quest’anno era “La canzone senza dopie”, una storia come al solito surreale e folle, raccontata eliminando tutte le lettere doppie, grazie a cui il cantautore torinese una volta ancora ha dimostrato la sua eccezionale capacità nell’unire musica, teatro, cabaret e scrittura. Bravissimo.
Dopo di lui, ecco gli altrettanto torinesi Niccolò Maffei (già nei Med In Itali) con “Noia” (un pezzo raffinato che mescolava suggestioni jazz, reggae e echi di Gianmaria Testa) e Eugenio Rodondi con “Temporale”, un brano intimista che la Chromatic Orchestra ha arricchito in modo molto intelligente.
A questo punto è arrivata la grande sorpresa di “Sanrito 2020”, ovvero Glomarì, una cantautrice di Fidenza che – tra l’altro – ha vinto con un videoclip di un suo brano (“Mostarda”) il concorso “Artefici del nostro tempo” legato al Padiglione Venezia della Biennale 2019. A Sanrito, invece, ha presentato, con garbo ed eleganza, armata di ukulele, “Paura e camomilla”. Un pezzo delizioso, dove un indie folk ombreggiato di bossa nova si intrecciava con echi del Sufjan Stevens più minimalista nei suoni e di Joanna Newsom nella parte vocale, con un risultato mozzafiato. Mai più senza.
A concludere sono arrivati prima Fabrizio Tonus con il pop estroverso de “La bellezza vera” e poi il decisamente dimenticabile teatrino proposto da Andrea Ciuchetti nel pezzo “Cristiana”.
Come probabilmente già sapete, la giuria di esperti ha assegnato il terzo posto a Glomarì, il secondo a Niccolò Maffei e il primo (con tanto di “Carlos Desnudo”) a Puso, vincitore per il secondo anno consecutivo.
Nell’attesa della proclamazione dei vincitori durante la serata di sabato, si è esibito in veste anche di cantante lo stesso Pietro Fiocco (con “Finché c’è la salute”, un pezzo ovviamente molto divertente, preceduto da una parodia dello spot di Amadeus per Sanremo), per lasciare poi spazio alla Piccola Orchestra Modulare, formazione cuneese da tenere d’occhio, che ha offerto una lunga e interessante suite di musica elettronica, dove i suoni digitali si alternavano a rumori, voci umane, aperture free jazz, ambient, techno e – grazie alla Chromatic Orchestra – reminiscenze di vecchie big band.
Dopo è stato il turno dell’interessante dialogo tra la Chromatic Orchestra e tre membri (due violinisti e una violoncellista) dell’Orchestra della Centrale, ovvero la formazione classica che ha recentemente eseguito la favola musicale “Brundibar” al Toselli per il Giorno della Memoria 2020.
Infine, il palcoscenico è stato tutto per la Chromatic Orchestra che ha presentato quattro brani, uno più bello dell’altro, tra cui una cover di Duke Ellington cantata in modo superbo da Giaime Mannias.
Arrivederci a Sanrito 2021!