Cuneo – Un meccanismo scaltro e pianificato con estrema cura, con il coinvolgimento di professionisti e prestanome per un totale di 24 società e aziende, che negli ultimi anni ha portato a un’evasione di Iva per 21 milioni di euro: la più significativa operazione della Guardia di Finanza di Cuneo contro la grande evasione, negli ultimi anni.
Sono 22 gli indagati per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, di cui nove arrestati (tre in carcere e sei ai domiciliari), e in totale sono stati sequestrati beni per la stessa cifra di evasione contestata, con 16 immobili (di cui un attico in centro Torino, una villa al Parco della Mandria, un alloggio ad Alassio), oltre ad auto di pregio (Bentley, Jaguar, ecc.), orologi di lusso (35 Rolex) e denaro per oltre quattro milioni di euro.
In provincia di Cuneo risultano residenti cinque dei 22 soggetti coinvolti: un cuneese e un saviglianese (entrambi a piede libero) e un fossanese (ai domiciliari) tra i “sodali compiacenti”, due fossanesi (ai domiciliari) tra i beneficiari reali.
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Cuneo (con il successivo coinvolgimento delle Fiamme Gialle torinesi per la presenza del soggetto di riferimento nel capoluogo torinese), erano scattate due anni fa da una segnalazione di imponenti movimenti finanziari tra società. Erano emerse anche ruoli di gestione per persone incapienti, nei successivi controlli è stato riscontrato anche il nome di una persona deceduta: le indagini hanno permesso di risalire al “dominus” che coordinava il tutto, un uomo residente a Monaco ma di fatto con contatti e presenza costanti a Torino
Il “business” era di presentare – grazie a contatti diretti, con il ruolo di riferimento dei professionisti – il torinese come “risanatore” di società in difficoltà economica o comunque con molto personale (e quindi con importanti “debiti” contributivi): attraverso cessioni, acquisizioni e meccanismi finanziari entravano in scena aziende con crediti fittizi, “costruiti” negli anni nei confronti dell’amministrazione finanziaria ma mai richiesti come rimborsi, per non far scattare controlli. E così in bilancio “sparivano” milioni di euro in utili, negli anni.