Cuneo – Cuneo è stata la sua prima esperienza nella massima serie in Italia ed è stato un amore a prima vista, di quelli che sanno sorprenderti. Srna Markovic, 23 anni, alla Bosca San Bernardo è approdata lo scorso anno e, dopo una bella prima stagione già da protagonista, la schiacciatrice austriaca ha deciso di rimanerci.
“A Cuneo mi sono trovata benissimo. Vengo da Vienna e sinceramente non pensavo di trovarmi così bene, pensavo di finire in un paesino e invece mi sono trovata in una cittadina a misura d’uomo. Vienna me la ricorda anche un po’, come Torino, nello stile e l’architettura”.
Dal punto di vista sportivo, cosa hai trovato a Cuneo?
Ho deciso di venire a giocare qui perché potevo fare la Serie A1 italiana, ma mai mi sarei aspettata di crescere così tanto e così in fretta. Ho potuto giocare tanto e fare un bel percorso, che non mi aspettavo già da subito. Cuneo è una bella società, seria e ambiziosa, con un buon allenatore e un buon preparatore atletico, non avrei potuto chiedere di meglio. Decidere di rimanere è stato ovvio per me. E poi, credo di poter crescere ancora molto.
Cuneo non è la tua prima esperienza all’estero.
“Sono stata tre anni in Germania. Praticamente ho giocato a casa mia, in Austria, solo agli inizi, nello Schwechat, poi mi sono trasferita in Germania, dove ho giocato in serie A una stagione nel Ladies In Black Aachen e due nel Rote Raben Vilsbiburg. Ormai sono abituata a essere lontana da casa. In Italia sono arrivata nel 2017, quando ho giocato una stagione nel Battistelli Marignano di A2”.
Quando hai iniziato a giocare a pallavolo e quando a pensare che poteva diventare un mestiere?
“Ho iniziato a giocare presto, a 6-7 anni, perché mio fratello giocava ed ero incuriosita. Ho iniziato per puro divertimento, non pensavo a una carriera agonistica e mai avrei immaginato che sarebbe diventato il mio lavoro. La passione c’era, ma l’obiettivo di sfondare e diventare una professionista proprio no. Poi ho avuto l’opportunità di farlo, sono cresciuta e di anno in anno ho visto che potevo arrivare sempre più in alto. Ora sono molto contenta di essere arrivata fin qui, ma non si può dire che me la sono andata a cercare. Semplicemente è successo. Ho lavorato tanto e i risultati sono arrivati”.
La rinuncia più pesante sulla strada per arrivare fin qui?
“Per me la cosa più difficile è stata dover sacrificare la vita privata. Quando ero più giovane è stata la rinuncia più grande. Andavo a scuola, giocavo a pallavolo e suonavo il violino, tutto ad alto livello, quindi di tempo per me, la vita privata, i miei amici, ne restava davvero poco. Le mie giornate erano riempite da queste tre cose, ognuna abbastanza impegnativa e quindi non riuscivo ad avere esattamente la vita normale di un qualsiasi adolescente. Questo mi pesava molto. Quando mi sono trasferita in Germania ad esempio, non ho mai potuto vivere la vita da universitaria che avevano le mie coetanee. Sono state mie scelte, ma qualcosa ho dovuto sacrificare. Quando viaggi molto non puoi mai legarti davvero a un posto e a delle persone, perché sai che poi, dopo qualche anno, sarai lontana. Questo è il peso più grande per me”.
Come ti immagini fra 10-15 anni?
“Mi vedo con un lavoro normale e una famiglia, dei bambini. Le persone che fanno il mio mestiere vivono un sogno, ma è un sogno abbastanza particolare, quindi spesso ci manca la vita normale. Per questo vorrei, quando il sogno sarà finito, avere una vita normale”.
L’impatto con il tifo cuneese?
“Ho sempre vissuto e giocato in posti con tifosi molto presenti. Loro vivono di noi e noi di loro, credo sia giusto così. Devo dire che abbiamo avuto una tifoseria sempre presente e questo è molto importante per una squadra. È bello giocare in un palazzetto pieno: ti dà la carica e davvero può cambiare le sorti di un match. Spero che quest’anno il palazzetto possa sempre essere pieno e non solo in occasione delle partite di cartello. Sarebbe molto importante per noi”.
Com’è stato l’esordio in campionato e cosa ti aspetti dalla stagione che verrà?
“Un bellissimo esordio, perché c’era tantissima gente al palazzetto, oltre 3.000 persone, e in campo siamo state subito un gruppo unito. Mi è piaciuto stare in campo con le mie compagne perché, pur essendo agli inizi, ho trovato subito feeling e buona energia. So che possiamo crescere molto, i margini di miglioramento ci sono e si tratta solo di lavorare. Ma davanti a quel pubblico siamo state unite e affiatate: per questo sono contenta. Peccato solo per il risultato perché quel Novara non è stato certo il migliore che conoscevamo e avremmo potuto portare a casa di più”.
Sara Comba