Cuneo – Prosegue davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Cuneo il processo per l’omicidio preterintenzionale di Angelo Giordana, il 76enne agricoltore e apicoltore cuneese, morto il 18 gennaio 2017, il cui corpo è stato rinvenuto solo due giorni dopo, nella serata del 20 gennaio. A dare l’allarme ai familiari della vittima furono proprio i due attuali imputati del processo, S. G. e O. A., suoi vicini di casa nell’isolata borgata di Tetto Dietro Colletto, in frazione Trinità di Entracque.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Giordana sarebbe stato colpito con un bastone fuori casa, ferite non mortali che gli avrebbero consentito di riuscire a raggiungere la propria abitazione dove si sarebbe spogliato degli abiti sporchi e umidi. Il suo corpo è stato ritrovato così, riverso a terra e nudo, morto per assideramento.
Gli indizi si sono concentrati proprio sui due vicini di casa che avevano dato l’allarme: S. G., che abitava proprio a pochi metri di distanza dalla vittima, e con la quale in passato c’erano stati vari litigi e denunce reciproche, e O. A., con il quale, secondo le dichiarazioni dei familiari della vittima, non ci sarebbero state discussioni in passato.
All’udienza nella mattinata di oggi (martedì 1° ottobre) sono stati ricostruiti i traffici telefonici delle utenze della vittima, degli imputati e dei rispettivi familiari. Un passaggio necessario per evidenziare attraverso le celle a cui si “agganciano” i cellulari, i vari spostamenti delle persone implicate nell’omicidio ed eventuali contatti fra i due imputati, che però non si sono mai parlati. In particolare S. G. ha compiuto vari tragitti per il suo lavoro di carpentiere edile, rientrando a casa tutte le sere, mentre O. A. si trovava in ferie in quel periodo perché il suo lavoro, all’interno di una cava, subisce un rallentamento durante il periodo invernale. All’udienza è stata ascoltata anche l’ex fidanzata di S. G.: una testimonianza più volte contestata dall’accusa perché contraddittoria rispetto a quanto da lei stessa dichiarato agli inquirenti più di un anno fa, quando disse ai Carabinieri che il fidanzato le aveva raccontato di essere riuscito ad aprire la porta di casa di Giordana quel tanto da vedere il corpo dell’uomo a terra. Oggi in tribunale la donna ha sostenuto invece che l’allora fidanzato non era riuscito ad aprire la porta e per questo aveva chiamato i parenti dicendo loro che c’era qualcosa che non andava a casa del Giordana. La donna ha sostenuto anche che l’uomo era preoccupato per i graffi trovati sul corpo della vittima, senza però spiegare in che modo questi graffi potessero collegarlo all’omicidio. Il processo è stato aggiornato al 22 ottobre per completare la lista di testimoni dell’accusa.