Borgo San Dalmazzo – Il ristorante A-munse, vicino al Santuario di Monserrato, il prossimo 16 aprile compie un anno di vita. Rinato grazie all’impegno di Valerio e Carlo sta girando che è una meraviglia. Il nome è tutto un programma di amore e di legame con il territorio. A-munse che in dialetto significa amiamoci sta anche a significare l’invito di portarsi in alto, cioè andiamo a-munse. Grazie a questo impegno agito concretamente da due borgarini doc, la collina di Monserrato è tornata agli antichi splendori e tutto il circondario ne parla. Appoggiato al vecchio anfiteatro il ristorante offre a pranzo ed a cena le prelibatezze del territorio, cucinate dalle abili mani dello chef Gabriele Vallati con il costante supporto del “sous chef” Alberto Trapassi e servite con maestria da Aurora e Alberto. La gente accorre da vicino e da lontano e si sale sulla collina più amata dai borgarini per mangiare e ricordare. C’è chi sale lassù per una preghiera o per un ricordo familiare o per ammirare il paesaggio. Il ristorante tirato a nuovo ha ridato vita a un territorio dimenticato e con non poca fatica sta rilanciando i cucinar di antica memoria locale. Lo sterrato, i muretti a secco son quelli di sempre e oggi arricchiti dal fascino delle sculture ricavate con una motosega da un artista borgarino da tronchi di legno locale. Dalla collina lo sguardo lo si può appoggiare sulle Alpi Marittime o lo si può fermare in lontananza sul “Re di Pietra”, il Monviso. Qualcuno lo ferma anche sull’amica del Monviso, la Bisalta. Anche le consumate ciminiere della Italcementi hanno, viste da lassù, il loro fascino archeologico industriale. Queste cose che dalla collina di Monserrato si possono mirare dall’esterno appena varchi la soglia del ristorante le perdi nei mille colori delle pietanze servite e nei toni accesi e sfumati delle bottiglie dei vini coricate lungo le pareti. Il ristorante avvolto nella natura e appoggiato sull’anfiteatro ti prende e ti trascina nei vortici gustosi e prelibati della sua cucina e della sua cantina. Esperienza unica da provare e riprovare e anche da raccontare.