Partecipare ad un festival come il “TOdays”di Torino (dal 25 al 27 agosto), così ricco di proposte, è un’esperienza esaltante, divertente ma ovviamente anche faticosa, tanto che in certi momenti ci si trova scissi tra la volontà di vedere ancora qualche altra esibizione e l’obiettiva stanchezza che sopraggiunge. Comunque sia, chi ha partecipato anche solo ad una parte della quarta edizione della rassegna diretta da Gianluca Gozzi difficilmente ne avrà tratto un’opinione negativa.
Per chi non lo sapesse, questo bellissimo evento si svolge, sempre nell’ultimo weekend di agosto, in un quartiere di Torino oggetto da qualche anno a questa parte di un grande processo di riconversione e riqualificazione, Barriera di Milano. In passato “borgo proletario e operaio” (come lo definisce Wikipedia), successivamente, con la crisi dell’industria torinese, è stato vittima di un progressivo degrado. Ora, però, chi lo visita scopre realtà nuove: centri commerciali, bar di tendenza (fate un salto da Edit, curato dallo studio di progettazione Lamatilde), un museo di arte contemporanea che i lettori di questa rubrica conoscono bene (il Museo Ettore Fico) e altri spazi magnificamente restaurati, come quello dell’ex INCET, la celebre Industria Nazionale Cavi Elettrici Torino, fondata nel 1888 dai fratelli Tedeschi, antenati di Carla e Valeria Bruni Tedeschi.
“TOdays” si svolgeva quest’anno soprattutto tra il parco dello Spazio 211 (locale storico per la musica dal vivo, già presente in questo quartiere – in via Cigna 211 – quando non era ancora trendy) e appunto la spettacolare grande sala dell’ex INCET. Vi erano, però, molti altri eventi collaterali nella galleria d’arte “Gagliardi e Domke” (via Cervino 16), ai Docks Dora, nel Plartwo (dove sorgerà il futuro centro del design) e nella “Cattedrale” del parco “Aurelio Peccei” (via Cigna 136), ovvero una parte dei resti di quelle che furono le Officine Iveco-Telai.
I nomi che hanno probabilmente attirato maggiormente i 30mila spettatori (tre “tutto esaurito” consecutivi) erano i grandi artisti e/o band internazionali. In una personalissima classifica di chi scrive, al primo posto ci sarebbero i britannici Mount Kimbie(Ex INCET, 25 agosto), autori di una performance sorprendente e raffinatissima, in bilico tra elettronica e suoni analogici, dove immagini bellissime proiettate alle loro spalle davano forma ai paesaggi sonori da loro costruiti, muovendosi tra ambient, sperimentazioni, pop intellettuale e techno, con improvvise inserzioni quasi new wave. Fantastici!
Il secondo posto sarebbe occupato da Ariel Pink(Spazio 211, 27 agosto), che ha offerto uno show folle, divertente e visionario. Accompagnato da una band perfettamente a proprio agio a seguirlo nel suo universo sonoro sghembo e da un corista improbabile ma bravissimo, Ariel Marcus Rosenberg ha dato prova del suo eccezionale eclettismo, mescolando (da vero bulimico musicale com’è) psichedelia, easy listening radiofonico, punk, pop e soul tra cambi continui di tonalità, ritmo e atmosfera.
Al terzo posto, invece, i portentosi australiani King Gizzard & the Wizard Lizard(Spazio 211, 25 agosto), che hanno offerto un’esibizione spettacolare all’insegna della psichedelia d’antan, innervata però di tratti folk (a tratti quasi celtici), prog e punk. Divertenti, ultraenergetici e mai cerebrali.
A pari merito, i Mogwai (Spazio 211, 26 agosto), che hanno sostituito all’ultimo momento i My Bloody Valentine, assenti per causa di forza maggiore. Il gruppo post-rock scozzese ha conquistato anche chi non lo conosceva o apprezzava particolarmente con uno spettacolo musicalmente e visivamente mozzafiato. Di una bellezza rara.
Meriterebbero il quinto posto, invece, gli americani War On Drugsi quali, quando non indulgono in momenti un po’ ridondanti, sanno essere classici e introversi, epici e malinconici allo stesso tempo, come un Bruce Springsteen o un Bob Dylan in vena di grandeur. In certi brani, poi, sanno creare emozioni davvero fortissime, anche grazie ad un eccezionale sassofonista/trombettista, Jon Natchez.
Al sesto posto si potrebbero mettere gli Echo & The Bunnymen, band storica del post-punk inglese. Della line-up originale sono rimasti solamente il chitarrista Will Sergeant e ovviamente il cantante Ian McCulloch, che ha passato tutto il concerto ad ingurgitare sciroppi (?) e latte per scaldare la voce, inizialmente decisamente precaria. A parte la non esaltante esperienza di rivedere dei propri idoli giovanili decisamente invecchiati, riascoltare dal vivo – molto ben eseguiti – “Villiers Terrace” o “Over The Wall” è stato comunque sorgente di piacevoli turbamenti.
Ultimi in classifica, gli Editors, autori di un concerto tanto ben suonato e bello a vedersi, quanto privo di sostanza. Tronfio e vuoto.
I Mouse on Mars non sono in classifica, perché chi scrive non li ha visti (per la stanchezza di cui sopra), così come purtroppo s’è perso l’a quanto pare notevole Cosmo.
L’unica nota dolente di “TOdays” era piuttosto rappresentata da alcuni degli artisti italiani in cartellone. A parte i bravi e disinvolti Coma Cose(Ex INCET, 25 agosto), che coniugano hip hop e indie pop a testi intelligenti e accattivanti, e naturalmente gli energetici Bud Spencer Blues Explosion(Spazio 211, 25 agosto), che molti cuneesi hanno visto il 5 luglio scorso al Nuvolari, non sono apparsi convincenti né l’abbandono del minimalismo da parte di Colapesce (Spazio 211, 26 agosto), né l’inconsistente hip hop da cameretta dell’acerbo Generic Animal (Spazio 211, 27 agosto), né la canzone rock d’autore esangue di Maria Antonietta (Spazio 211, 27 agosto). La quale, tra l’altro, di fronte ad un imprevisto tecnico (un microfono non funzionante), si è comportata da bambina isterica sull’orlo del pianto, dimostrando una clamorosa mancanza di professionalità. Insopportabile.
Possibile che non ci fosse di meglio in Italia per aprire serate così importanti? I fantastici Esterina, no? Edda? Dente? Iacampo? Ex-Otago? Selton? I Camillas? Il Pan del Diavolo?