Avete una mezza giornata libera di qua al 29 luglio? Fareste molto bene (fidatevi!), se vi recaste al Museo Fico di Torino per visitare la grande mostra dedicata a Duane Michals. Curata da Enrica Viganò, esplora l’arte fotografica di quest’americano 86enne ma ancora in pista. Capaci di suggerire ciò che in realtà non mostrano, le sue immagini sono spesso presentate in serie, poetiche e/o sconcertanti, oppure sovrapposte tra di loro. Sovente accompagnate da frasi o versi, scritti a mano, con pennino e china.
Ci sono momenti della mostra che meritano la trasferta, come la splendida serie di luoghi newyorchesi deserti (ispirata al fotografo ottocentesco Atget), dove anche negozi di sandwich e lavanderie a gettoni vuoti possono suggerire vite dimenticate.
Oppure sequenze folgoranti come “Things Are Weird” (degna di Escher) o “Death Comes To The Old Lady”, che introduce un po’ di Bacon in un contesto quotidiano. Oppure “Dr. Heinsenberg’s Magic Mirror of Uncertainty”, che evoca le anamorfosi care ai barocchi.
Ma ci sono anche ritratti – tutti sorprendenti – di personaggi illustri: da Magritte (uno dei suoi grandi ispiratori insieme a De Chirico e Balthus) a David Hockney, da Warhol a Pasolini e Truffaut, dalla Streisand a Burt Reynolds (imperdibile!). I lavori commerciali per “Vogue” e la copertina di “Synchronicity” dei Police. O i cortometraggi a cui Michals s’è dedicato in questi ultimi anni.
Ma il meglio della mostra si trova nell’immagine/manifesto “There Are Things Here Not Seen In The Photograph”, nella straziante “Sarajevo”, nella riflessione sul tempo di “Now Becoming Then” e “All Things Mellow in the Mind” e soprattutto nella commovente “The House I Once Called Home”, dove le immagini della casa ormai a pezzi della sua infanzia in Pennsylvania si intrecciano con vecchie foto di famiglia.
A quel punto si capisce completamente la sua frase più nota: “Quando guardi le mie fotografie, stai guardando i miei pensieri”.