Finita la stagione del Toselli, gli appassionati cuneesi di teatro possono trovare comunque pane per i loro denti in quel di Torino. Oltretutto, molti teatri del capoluogo piemontese hanno introdotto, in vari giorni della settimana, orari anticipati, facilitando così anche gli spettatori della Granda che non volessero far troppo tardi e/o preferissero utilizzare il treno per le loro trasferte.
Non si è pentito, ad esempio, chi dall’8 al 13 maggio è andato al Teatro Carignano per vedere “Ifigenia, liberata” di Carmelo Rifici, ovvero il successore di Ronconi come direttore della Scuola del Piccolo Teatro di Milano fondata da Strehler.
Uno spettacolo coltissimo, che osa – quanto a complessità teoretica e toni nobilmente didattici – come forse oggigiorno solo gli Anagoor hanno l’ardire di fare. Mostra le prove aperte di una compagnia, che sta allestendo “Ifigenia in Aulide” di Euripide, dove un regista (Tindaro Granata, premio Ubu come autore per la pièce “Geppetto e Geppetto”), alter ego di Rifici, e la sua drammaturga (Mariangela Granelli, nel ruolo nella realtà ricoperto da Angela Demattè) costruiscono la messinscena, sperimentando soluzioni interpretative del testo e discutendone con gli attori e col pubblico.
Presto il tutto, più che un’ennesima versione della formula del “teatro nel teatro” (cosa che di fatto è anche), diventa una sorta di affascinante laboratorio filosofico: attraverso la vicenda mitica della figlia di Agamennone, sacrificata perché la flotta greca potesse salpare per Troia, si discute sul ruolo della violenza (ieri come oggi) nelle dinamiche antropologiche, politiche e religiose, non esitando a ricorrere alla Bibbia, a Eraclito e a Platone, al Nietzsche di “Al di là del bene e del male” e – parlando di “sacrifici” e di “capri espiatori” – ovviamente anche a René Girard.
Il risultato è impegnativo ma illuminante, grazie soprattutto ai molti attori, tutti perfettamente a loro agio nel muoversi tra i livelli dello spettacolo, uno più bravo dell’altro, anche se forse vanno ricordate Giorgia Senesi (una splendida, elegantissima Clitemnestra) e Anahì Traversi nel ruolo di Ifigenia.
Ma hanno un ruolo determinante anche molte trovate teatrali di particolare effetto (come le corifee con l’hula hoop), le musiche elettroniche e analogiche suonate dal vivo di Zeno Gabaglio e le splendide scene della grande Margherita Palli le quali, apparentemente innocue e realistiche (una sala prove appunto), permettono presto di suggerire gli abissi oscuri del nostro inconscio collettivo, mostrando – complice un uso brillante della telecamera – dei dietro-le-quinte a dir poco inquietanti.