La stagione 2017-2018 del Teatro Regio di Torino è iniziata il 10 ottobre con “Tristano e Isotta”, un’opera tanto affascinante quanto complessa che spaventa sempre un po’ il pubblico più abituato a Verdi, Rossini, Donizetti e/o Puccini. È lunga, si dice. Non succede quasi niente. Non possiede arie e brani da ricordare. Tutto vero, ma ciononostante è un’esperienza artistica da non perdere, soprattutto se la si può vedere in una versione come questa: il riallestimento della celebrata produzione dell’Opernhaus di Zurigo diretta dal regista Claus Guth, con l’Orchestra del Regio guidata da Gianandrea Noseda e interpreti dal ricco curriculum wagneriano come Peter Seiffert e Ricarda Merbeth nei due ruoli principali e altri bravi cantanti come Steven Humes (il re Marke), Michelle Breedt (Bragania) e Martin Gantner (Kurwenal).Lavoro di una modernità straordinaria che sembra anticipare musicalmente il Novecento, fu scritto da Wagner tra il 1857 e il 1859, ispirandosi al celebre ed omonimo mito medioevale di origine celtica, ma andò in scena per la prima volta solo nel 1865, a Monaco, grazie al sostegno del mitico re Ludwig di Baviera (quello dei castelli disneyani ante-litteram, soggetti di tanti puzzle). La leggenda vuole che alcuni spettatori finirono per suicidarsi tanto fu lo strazio provato.La storia dell’amore impossibile tra una principessa irlandese e il nipote del re di Cornovaglia, innamorato della giovane (anche senza il contributo del filtro magico che scatena il dramma) a dispetto del fatto che essa debba sposarsi con lo zio, è l’occasione per Wagner per omaggiare il nichilismo mistico del suo amato Schopenhauer, riflettere sul rapporto romantico tra Amore e Morte e, indirettamente, parlare della sua relazione adultera per Mathilde Wesendonck, moglie di un suo “sponsor”, un ricco mercante zurighese di sete nella cui villa (ora sede del Museum Rietberg) fu scritta parte dell’opera, in una sorta di cortocircuito tra arte e vita.Questa villa, riprodotta idealmente dalle sorprendenti scenografie rotanti di Christian Schmidt, è diventata l’ambientazione della vicenda. Quindi, niente mare, come previsto dal primo atto che si svolge a bordo della nave che porta Isotta dal re Marke. Niente spazi aperti e nemmeno atmosfere metafisiche in stile Bayreuth. In compenso, luoghi sontuosamente arredati (camere da letto, sale da pranzo, saloni per le danze, atrii, giardini) in cui i personaggi, sontuosamente abbigliati, si muovono mentre si spostano questi stessi spazi, con un effetto claustrofobico davvero spettacolare.“Tristano e Isotta”, nella lettura di Guth, diventa così un dramma borghese psicologico, dove la passione confligge con le convenzioni sociali come in tanti romanzi ottocenteschi da “Madame Bovary” a “Anna Karenina” o come nel teatro di Ibsen o Strindberg.Il risultato è visivamente superbo (l’incontro tra i due amanti nella festa è splendido, così l’ambiente più astratto del lunghissimo duetto notturno del secondo atto o l’idea che la sontuosa tavola da pranzo sia prima il luogo della passione e poi quello della morte di Tristano), stimolante da un punto di vista registico (Guth sparge nell’allestimento idee interpretative intriganti, come il far divenire la damigella/maga Bragania una sorta di doppio di Isotta o Kurwenal, una specie di alcolizzato disperato per il malessere esistenziale dell’amico Tristano) e musicalmente avvolgente ed emozionante. Impegnativo ma davvero molto bello, quest’allestimento dell’opera wagneriana oltretutto va in scena a poca distanza dalla casa in cui Nietzsche scrisse il suo “Ecce homo”, dove riconosce il suo amore imperituro per il “Tristano e Isotta”, opera dal “fascino pericoloso”, “infinitamente terribile e dolce” che, tra l’altro, gli aveva ispirato il libro “La nascita della tragedia”.Le ultime due repliche, sempre col primo cast, sono giovedì 19 ottobre alle ore 19 e domenica 22 alle ore 15.A seguire, il Regio proporrà il “Falstaff” di Verdi dal 15 al 26 novembre e due balletti di Čajkovskij, l’immancabile “Schiaccianoci” (dal 5 al 10 dicembre) e “Il lago dei cigni” (dal 13 al 19).