Cuneo – “Non ritirarsi mai di fronte alle difficoltà e non rinunciare solo perché è difficile”: questo diceva di aver imparato dalla vita Giovanna Mezzadra, 77 anni, che si è spenta negli scorsi giorni in seguito a una rapida malattia. Insegnante di lettere alla scuola media 1 di Cuneo, in pensione, era molto conosciuta per la sua attività di volontariato nella “Biblioteca bambini e ragazzi”, dove, insieme ad alcune colleghe appassionate, diede alla luce il progetto “Il piacere di leggere”, per bimbi, adolescenti e, negli ultimi anni, anche neonati (con l’iniziativa “Nati per leggere”). Nata a Palermo, città della mamma, dove il padre originario dell’Oltrepo Pavese fu trasferito come maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, si trasferì dai nonni paterni con la mamma e la sorella, in seguito alla prematura scomparsa del papà. Laureata in Lettere, conobbe Gianfranco Ferro, cuneese studente di medicina a Pavia, che divenne poi suo marito e la “portò” nella nostra città.Paladina della cultura di qualità per tutti, è stata precorritrice dell’aggiornamento metodologico nell’insegnamento, volto a evitare l’improvvisazione. Da questo scaturirono collaborazioni tra biblioteca, museo e scuola e tante pubblicazioni preparate dai ragazzi insieme agli insegnanti. Così definiva la sua passione: “Leggere è importante e la strada per capirlo passa attraverso il piacere della scoperta, dell’incontro, della curiosità. Coltivare il piacere di leggere stimola creatività e immaginazione”.La ricordiamo con un’intervista rilasciata a Donatella Signetti. Perché finiamo col fare le cose che facciamo? Il più delle volte le ragioni restano misteriose anche per noi stessi. Ma le ragioni ci sono, sempre, magari lontane nello spazio e nel tempo, chiuse nelle nostre esperienze di bambini, nel destino dei nostri genitori o chissà dove. La storia de “Il piacere di leggere” c’entra curiosamente con quella di un trasloco e di un treno. Il viaggio inizia in Sicilia, a Palermo. L’anno è 1940.Sono nata a Palermo, la città di mia madre, in corso Calatafimi. Mio padre, originario dell’Oltrepo Pavese, trasferitosi nell’isola come maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, muore circa tre anni dopo, ma prima di morire chiede una cosa e mia madre promette: io e mia sorella studieremo al Nord, a Pavia. Mia madre lascia la sua casa di giovane sposa, preparata con cura per ogni dettaglio, ma decide di smontarla, pezzo dopo pezzo, per portare a Pavia quanta Sicilia è possibile: mobili, corredo, fiori e piante come agavi, fichi d’india, aspidistre… il treno arriva al Nord, carico di colori e profumi. Mia madre trasloca il suo mondo e il suo arrivo fa una certa impressione. Chi c’è ad aspettarvi?I nonni paterni. Si va a vivere tutti insieme in una grande casa patronale nel centro di Pavia, in cui i nonni hanno trovato un appartamento grande abbastanza per viverci tutti insieme. Ma non sarà facile. La Sicilia di mia madre entra di colpo nel mondo dei miei nonni, contadini di una riservatezza estrema, diffidenti verso il mondo, per i quali mia madre è e sarà sempre l’estranea, nel senso di “qualcuno che viene da fuori”… Visioni del mondo e stili di comunicazione diversi?Nella casa della mia nonna siciliana la porta era sempre aperta, la tavola sempre apparecchiata, per accogliere chiunque si fosse presentato. La dimensione privata sembrava non esistere, perché tutto veniva condiviso. Potevi e dovevi dire le cose così come le sentivi. E lei, bambina e ragazza, come vive questi modelli alternativi ma compresenti?Mia madre, che intanto ha dato il concorso e ha iniziato a lavorare come maestra, sperimenterà un difficile dualismo su “come” educare le figlie. Non vuole deludere i suoceri e ci cresce in modo molto severo per corrispondere al modello. Andrà alla ricerca degli insegnanti più terribili in fatto di disciplina, rigore, distacco emotivo. Anche per questo, quando nelle classi presento il piacere di leggere, racconto ai ragazzi il piacere delle cose, mi ispiro al fatto che tutte le cose che procuravano piacere erano state bandite dalla nostra vita, perché erano considerate inutili e dannose. Quindi sua madre rinuncia alla sua visione del mondo?Per fortuna non del tutto. Chiederà e otterrà di piantare nel cortile le agavi e i fichi d’india, modificherà e abbellirà gradatamente l’aspetto austero della casa, introdurrà la dimensione della festa in una famiglia che non la conosceva: grazie a lei col Natale arriveranno dalla Sicilia arance, dolci e frutti con cui comporrà splendidi vassoi e ci saranno la tovaglia ricamata e sempre un piatto siciliano, la pasta con le sarde, la caponata o i cannoli. In questo senso il Sud conquista il Nord, anche se la convivenza, ripeto, non sarà mai facile. In che cosa consisteva la principale difficoltà?Comunicare con le bugie, pur di non dire quello che si pensa. I nonni lo facevano senza neppure accorgersene e per mia madre era motivo di grande sofferenza. Curiosamente è un comportamento attribuito anche ai cuneesi. Ma lei come arriva a Cuneo?Mi laureo in Lettere lavorando contemporaneamente, perché non c’è altra possibilità, e poi conosco il mio futuro marito, cuneese, che sta studiando a Pavia. E lo seguo fin qui dove, nonostante diversi tentativi, non riescono a trasformarmi nella perfetta moglie del medico: il primo e unico tè che organizzo finisce quasi subito con i pasticcini rovesciati sul tappeto. A me è chiaro che determinate situazioni non mi sono congeniali. A Pavia era capitato che mia madre, in nome della sua fiducia verso gli altri, chiedesse consiglio sui nostri percorsi di studio a signore che organizzavano il tè e avevano i mariti importanti. Una di queste disse a mia madre che sarebbe stato meglio farci imparare un mestiere. Fu un’umiliazione per me e mia sorella. Credo che da allora mi sia rimasta l’idea che ci sono persone “importanti” che ti umiliano. Si legano a quell’idea i miei tè che non funzionano e i pasticcini che cadono per terra. Che tipo di insegnante è stata?Una che voleva inventare un modo per non ripetere le cose che avevo subito io. E quindi, no alle classi differenziali, sì alla cultura per tutti ma di qualità. Andavamo ad aggiornarci a Milano, per vedere e imparare il “nuovo”, che deve essere preparazione e non improvvisazione. Abbiamo lavorato perché alla scuola venissero riconosciute le sue competenze e da questo sono nate diverse collaborazioni tra biblioteca e scuola, tra museo e scuola e tante pubblicazioni preparate dai ragazzi insieme ai loro insegnanti . Dalla collaborazione biblioteca e scuola nasce anche l’iniziativa “Il piacere di leggere”?Alla scuola mancava la dimensione del piacere eppure il piacere è la molla dell’esistenza. E scoprire il piacere nella lettura è fondamentale perché attraverso la lettura acquisisci competenze che ti permettono di fare tutto il resto. Si tratta di un passaggio fondamentale. Coltivare il piacere di leggere ha inoltre lo scopo di non mortificare creatività e immaginazione: le invenzioni più straordinarie che l’uomo ha ora a disposizione esistono perché c’è stato qualcuno che ha saputo immaginarle. Una parola che le piace.Accettazione. Una parola che non le piace.Bugia. Un libro amato e letto da bambina.“Senza famiglia”: allora pensavo che un libro bello dovesse far piangere. Un quadro.“La passeggiata” di Chagall, perché penso che sia straordinario un marito che ti rappresenta così e ti porta tra le nuvole in una passeggiata che va verso l’infinito… La gioia più grande.Mia figlia Luisa. Che madre pensa di essere stata?So che lei mi percepisce diversa da come penso di essere stata. Ho dedicato troppo tempo alla scuola, mi facevo trascinare. Ma ho cercato di sostenerla sempre nel trovare la sua via. Che cosa le ha insegnato la vita?A non ritirarmi mai di fronte alle difficoltà. A non rinunciare solo perché è difficile.