Cuneo – Venerdì 22 gennaio, nel Centro incontri della Provincia, alla presenza di numerosi partecipanti stranieri (francesi, svizzeri, tedeschi, austriaci e sloveni), si è tenuto il convegno “La popolazione di lupo sulle Alpi: status e gestione”, nel corso del quale è stato affrontato il tema del ritorno naturale del lupo sulle Alpi, per conoscerne lo stato aggiornato della popolazione, per discutere della conservazione della specie a lungo termine e della sua gestione in rapporto alle attività umane. La popolazione del lupo nelle Alpi è in aumento, ha precisato Francesca Marucco, coordinatrice tecnico-scientifica del Drogetto Life WolfAlps. Partendo dall’Appennino centrale i lupi si sono stabiliti prima sull’Appennino tosco-emiliano e ligure, e in seguito sulle Alpi. Su quelle occidentali è riapparso negli anni Novanta, prima nelle Marittime italo-francesi e poi nelle Cozie. Nel 1996-97 sono stati documentati i primi branchi riproduttivi nelle valli Pesio, Stura e Susa. Dagli ultimi dati raccolti nell’inverno 2014/2015, grazie al progetto Life WolfAlps, risulta che la presenza del lupo è stabile, con branchi riproduttivi in gran parte del Piemonte, dove è stata stimata la presenza di 21 branchi e 4 coppie riproduttive, di cui 14 branchi e 2 coppie in provincia di Cuneo e 7 branchi e 2 coppie in provincia di Torino. Se il ritorno del lupo è stato accolto con piacere in molti ambienti, non così si può dire per gli allevatori di pecore, capre e bovini che nella stagione estiva frequentano gli alpeggi, visto che questi animali sono entrati a far parte integrante della dieta del predatore. Un dato che può risultare inatteso è quello fornito da Arianna Menzano, del progetto Life WolfAlps, in seguito a un’accurata indagine condotta con la distribuzione di questionari ai margari su tutto l’arco alpino. Per quanto riguarda la provincia di Cuneo, il picco degli attacchi da parte di lupi al bestiame domestico si è verificato nel 2001, con la presenza di soli tre branchi. Ora che ce ne sono 14, sia gli attacchi che le vittime sono in diminuzione (i dati sono riferiti fino all’inverno 2014-2015).Il fenomeno, ha spiegato Menzano, è spiegabile con l’acquisizione, da parte degli allevatori, di pratiche zootecniche più adeguate: non vengono più tenuti animali liberi al pascolo senza sorveglianza; è aumentato l’uso di reti elettrificate per scoraggiare gli attacchi alle greggi; si sono introdotti i cani da guardia e si è presa la buona abitudine di ricoverare gli animali durante la notte. Gli attacchi sono più frequenti in situazioni meteorologiche avverse e di scarsa visibilità, oppure se i capi di bestiame si sono isolati. Parte sostanziale del convegno è stata dedicata alla coesistenza del lupo con le attività umane, in primo luogo la pastorizia. Luigi Boitani, dell’Università di Roma, ha presentato il “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia”.“L’obiettivo del piano – ha precisato Boitani – è il mantenimento di una sana popolazione della specie in Italia, sia sulle Alpi che sull’Appennino, e a tal fine il piano individua una serie di azioni che dovranno essere messe in atto dalle amministrazioni nazionali e regionali volte a fronteggiare le principali necessità di gestione”. Oltre alle azioni rivolte alla divulgazione e all’informazione del pubblico, della stampa e degli addetti ai lavori (“al fine di combattere la continua diffusione di notizie false e fantasiose”), al coordinamento tra le autorità territoriali coinvolte, il Piano si occupa anche della “prevenzione e alla mitigazione dei conflitti con le attività zootecniche”. Un capitolo è dedicato al regime di deroga alla protezione totale del lupo: il piano conferma e precisa le condizioni necessarie affinché si possa richiedere il prelievo di un esemplare e fissa il complesso iter applicativo. La proposta di piano verrà presto sottoposta alla valutazione di ministeri, Regioni e Province autonome, per giungere alla versione definitiva.