Era l’estate del 2020 e la madre aveva dato notizia di questa decisione dei giudici sul gruppo Facebook da lei amministrato, ‘aiutiamo i quattro fratellini di Cuneo’. Sotto quel post si scatenarono i commenti di molti iscritti, tra cui quelli dei 23 rinviati a giudizio con l’accusa di diffamazione ai danni del padre dei bambini e dei nonni paterni; di questi in dieci hanno risarcito il danno, mentre per gli altri tredici si è aperto a Cuneo il processo in cui il padre e gli anziani genitori si sono costituiti parti civili.
“Amici e colleghi mi avevano segnalato quel gruppo Facebook e lo avevo monitorato per qualche settimana, poi su suggerimento del mio avvocato avevo cancellato il mio profilo e non ne seppi più niente. Contenevano insulti a me e ai miei genitori, mi davano del pervertito, dell’ubriacone, mi auguravano di finire in carcere dove gli altri detenuti avrebbero pensato a me, mi avevano condannato prima ancora del processo, ho avuto paura, per lungo tempo attacchi di panico, non riuscivo a dormire la notte. L’avvocato aveva dato mandato ad un’agenzia investigativa di monitorare il gruppo Facebook; a gennaio 2021 ci relazionarono su quanto scritto e decidemmo di sporgere querela”.
L’uomo ha dichiarato di non aver parlato con i genitori di quei commenti per non turbarli ulteriormente, così come i due coniugi hanno riferito alla giudice di aver tenuto nascosto al figlio le tre lettere minatorie che ricevettero a febbraio, aprile e luglio del 2021. “Coinvolgemmo nostro figlio solo dopo la terza lettera, la più pesante di tutte, e decidemmo di andare dall’avvocato – ha riferito il padre in aula -. Contenevano minacce, dicevano di non farci vedere in giro, di non uscire sul balcone di casa”.
Il 30 gennaio il processo proseguirà con l’escussione degli altri testi di accusa e difesa.