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Martedì 23 aprile 2024

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Le dimissioni al Santa Croce e Carle un atto di accusa alla gestione della sanità regionale

A denunciare le disfunzioni è soprattutto la macchina organizzativa, quella che riesce a spedirti fuori provincia per un esame anche banale o quella delle liste di attesa infinite

La Guida - Le dimissioni al Santa Croce e Carle un atto di accusa alla gestione della sanità regionale

Molto semplificando. Il servizio sanitario pubblico agisce su tre diverse linee d’intervento. La prima riguarda la cura: qualità e quantità, appropriatezza, tempestività. La seconda attiene all’organizzazione dei servizi: rapidità di risposta (liste di attesa), efficienza, logistica. La terza concerne le strutture fisiche: ospedali, ambulatori, presenze sul territorio.
La seconda e la terza hanno una sola funzione: essere a servizio della prima. Se una di queste si inceppa, a pagarne le conseguenze è la prima, la cura della persona. Ed è proprio quanto sta accadendo a Cuneo.
A non funzionare più come dovrebbe è la macchina organizzativa. Quella che riesce a spedirti da Argentera a Novara o chissà dove per un esame anche banale. O ti obbliga ad attese di un anno o più.
Lasciandoti sempre intravedere – se non ti vanno bene i tempi biblici della sanità pubblica – la possibilità di rivolgerti al privato, talvolta convenzionato, spesso a pagamento. Una strada che sta creando discriminazione crescente tra chi ha i soldi per rivolgersi comunque al privato e chi quei soldi non li ha. Le recenti dimissioni della dirigenza dell’azienda ospedaliera Santa Croce e Carle, vanno considerate e valutate in questo contesto. La macchina si è inceppata a tal punto che chi la dirigeva non ha visto altre vie d’uscita se non gettare la spugna. Un gesto di rottura clamoroso tra chi era stato chiamato a dirigere il Santa Croce e chi dalla Regione ne detta le linee di gestione e ne ha piena responsabilità. Un atto di accusa durissimo verso le politiche sanitarie regionali ritenute origine principale del fallimento organizzativo di oggi.
A tirare i fili di questa macchina complessa e miliardaria (in quanto a budget) è infatti la politica. Meglio, è la Regione. E per essa i suoi amministratori pro tempore, il presidente della giunta, l’assessore alla sanità e, in corresponsabilità, la maggioranza che governa il Piemonte e l’intero parlamentino regionale, minoranze incluse.
Ma nemmeno le opposizioni e chi governa oggi il capoluogo, le grandi città e la Provincia possono chiamarsi fuori. Ben venga il sit-in di protesta tenutosi lunedì per iniziativa del Pd: meglio tardi che mai. Significa presa di coscienza della gravità della situazione e della necessità di soluzioni tempestive e di alto profilo. Ma quando i fatti che hanno portato ai gravi problemi di oggi accadevano (e sono iniziati ben prima dell’emergenza Covid), dov’erano i vertici del Pd e degli altri partiti, primi fra tutti quelli in minoranza a Cuneo e nei comuni del territorio Asl ma in maggioranza a Torino e a Roma? La loro assenza è stata totale e per ciò stesso complice e colpevole.
Su queste pagine da anni documentiamo in modo puntuale e circostanziato (e senza mai una smentita), il progressivo decadimento dell’organizzazione sanitaria cuneese. Lo smantellamento di servizi e strutture per legge riservate all’ospedale hub di provincia (il Santa Croce), a beneficio di altri ospedali della provincia procede inarrestabile, senza che (quasi mai) nessuno lo rilevi e ne chieda spiegazione nelle sedi politiche decisionali. E soprattutto senza che ci si renda conto di quanto costa (e costerà) questo ai cittadini, alla loro salute e al loro portafogli.
Un consigliere regionale al sit-in di lunedì si è chiesto dove sono finiti i fondi statali ex articolo 20 destinati all’edilizia sanitaria. Quel consigliere, visto il suo ruolo, dovrebbe saper dare riposte piuttosto che fare domande. In ogni caso, se leggerà queste pagine, scoprirà che quei fondi sono andati proprio sul territorio dove lui è stato eletto, ancora una volta tagliando fuori totalmente Cuneo e il resto della provincia e dell’intera Regione. Se quel consigliere non lo sapeva o non è stato informato di una tale scelta politica, è cosa grave, anche se rende tragicomica la decisione di protestare in piazza invece di votare (diversamente) in aula..
Non è chiaro se le ragioni delle dimissioni dei dirigenti ospedalieri, presenta- te formalmente “per motivi personali”, riguardino anche la progettata costruzione del nuovo ospedale di Cuneo oppure no. Di certo la montagna di denaro (centinaia di milioni di euro) e insieme le difficoltà a trovare i denari che il pubblico deve sborsare da un lato e dall’altro la responsabilità di mette- re la firma in calce alla convenzione con il privato che è stato scelto per la realizzazione e la gestione futura, è un peso che solo una solidissima intesa e determinazione politica al più alto livello può garantire. Senza quella nessun dirigente di buon senso si caricherebbe un simile impegno.
La nomina di un commissario scelto con tempestività dalla giunta regionale per sostituire i dirigenti uscenti, dirà presto se tale volontà esiste e se porterà ad una inversione di rotta oppure sarà l’ennesima manovra utile a rinviare sine die il nuovo ospedale e a proseguire con le stesse politiche sanitarie che tanti danni hanno già provocato.

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