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Giovedì 28 marzo 2024

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Come funziona il cervello per poter costruire la pace

“Cervelli in guerra”: c’è predisposizione ma non predeterminazione alla violenza

La Guida - Come funziona il cervello  per poter costruire la pace

Ma la guerra è davvero ripugnante per tutti? E ancora: perché l’indiscutibile condanna dell’uso della violenza è accompagnato da atteggiamenti conseguenti o si ferma a una indignazione civile che si esprime in manifestazioni, pur necessarie?

La questione posta dall’autrice con fredda lucidità, quasi sfiorando il cinismo, è certamente molto provocatoria. Se il rifiuto della guerra e della violenza in genere fosse reale, la soluzione sarebbe meramente una questione di scelta conseguente.

Così non è. Anzi si assiste a comportamenti contraddittori nello stesso individuo passando dal rifiuto alla collaborazione senza precise motivazioni. Secondo l’autrice è necessario dunque scandagliare questi atteggiamenti anche da un punto di vista biologico, prendere coscienza che nel cervello sussistono delle reazioni chimiche e fisiche che inducono ad assumere comportamenti aggressivi il più delle volte indipendentemente dalla personale volontà.

Allo stesso tempo però la ricercatrice ci tiene a chiarire che questa specie di “predisposizione” non significa predeterminazione: “non c’è individuo o gruppo che non possa cambiare comportamento verso un altro individuo o gruppo”. Anche se, ammette, tale cambiamento è un compito “monumentale” che si sperimenta ogni giorno seguendo le notizie sui media.

Ci sono fattori istintivi ed emotivi che conducono alla violenza. La parte emotiva e quella razionale coesistono con difficoltà e il più delle volte è la prima ad avere il sopravvento. L’istinto di sopravvivenza, il bisogno di uno spazio personale, il senso di responsabilità verso le persone con cui si condividono affetti o semplicemente verso ci sta vicino sono le situazioni più evidenti di questa situazione.

Se non gestite correttamente sfociano in atteggiamenti aggressivi. Entrano poi in gioco i condizionamenti ambientali e culturali, per non parlare dell’uso sistematico fatto dai politici di questo lato fragile della razionalità. Elementi tutti che conducono a vivere dei fatti come soprusi.

Conoscere il funzionamento del cervello e le conseguenti reazioni psicologiche e comportamentali in questo campo è una delle acquisizioni fondamentali per i “costruttori di pace”. In questa direzione si muove la ricerca che, dopo la meticolosa disamina dei vari aspetti del tema, dedica il capitolo conclusivo a suggerimenti costruttivi. Non vogliono essere consigli, al più sono delle osservazioni che dai precedenti punti segnati da negatività deducono comportamenti aperti alle soluzioni dei conflitti.

Cervelli in guerra

di Mari Fitzduff

Codice

26 euro

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